Saw: l’enigma residenziale del fantoccio

Billie

Basta un solo coinquilino per renderti la vita impossibile. Specie qualora sadico, biancastro e vagamente sovrannaturale. Negli Stati Uniti è d’uso lasciare quanto prima la casa in cui si è nati, onde realizzarsi come individui indipendenti, in egual misura, dalla crisi e dalle aspettative dei propri genitori. Non lo si fa per convivere col proprio amore, né per l’inoppugnabile necessità di spazi: è così, e basta. Incartate poche cose, fatto il pieno all’automobile scassona (vero fondamento, questo, del paese con più strade al mondo) si parte dalla spaziosa villetta dell’idealizzata generazione sul finir del ‘900. Oltre i confini dello spazio conosciuto, seguendo un mistico richiamo. Bruciato quell’ingombrante ponte, si percorre quindi un’interstatale a caso, verso la svettante skyline di qualche grigio agglomerato, tipo New York, Chicago, Seattle o San Francisco. E non è certo facile, questo passaggio dalla verdeggiante suburbia generatrice ai micro-appartamenti da decimo piano, soprattutto se si considera cosa voglia dire trasferirsi fuori sede, così, subito dopo il completamento degli studi. Percorrere l’ardua via del ragazzino squattrinato, senza bistecche sulla tavola o particolari prospettive, richiede una certa misura di coraggio. Flipping burgers, eating [mostly] ramen, i modi per vivacchiar si trovano, d’accordo, però resta l’ingombrante problema dell’affitto. E a quel punto, secondo quanto previsto da copione, si cerca l’anima gemella[ta] un qualcuno, o qualcuna, con cui condividere gli aspri ostacoli verso il raggiungimento dell’autosufficienza. Un qualcosa? Su tale ricerca dell’ideale convivente, la cultura statunitense ha speso migliaia di parole, centinaia di chilometri in pellicola e rotoli di carta (igienica) fra sit-com, cinema e fumetti. Storie tragiche, drammi balzani, tragicommedie del quotidiano dal retrogusto sempre un po’ amaro, perché, purtroppo, anche troppo vere. Però a nessuno, di tutti questi avventurieri della prematura emancipazione, è mai andata male come a Gary (Chris Capel, comedian di YouTube); perché lui, dannato il fato, ha finito per trovarsi in casa l’arcinoto Billy, professione: bambolotto del brivido, attore rinomato. Con tanta voglia di “giocare”.

L’illustre sconosciuto, sia un futuro convivente o meno, è sempre latore di un archetipico punto interrogativo. Quando nel 2004 il duo James Wan/Leigh Whannell sfornò l’orrorifica pellicola di Saw – L’enigmista, si trattò del classico fulmine a ciel sereno. Ecco un tipo nuovo di film horror, che pur essendo basato sull’angoscia psicologica, come previsto dai crismi del genere secondo quanto reimportato dall’Estremo Oriente, riusciva a dimostrare tutte le qualità visuali del più classico splatter made-in-Usa, con generosa offerta sanguigna, ottimi effetti speciali e gratuito smembramento. A loro due va il merito, tra l’altro, di aver creato uno dei cattivi più amati-odiati di un intero genere nell’era post 2000, lo scaltro, machiavellico Jigsaw Killer, al secolo John Kramer, con nero mantello, fine cervello e più contraddizioni comportamentali di un uomo pipistrello. Famose sono le sue trappole, create per mettere alla prova il malcapitato di turno, accusato di non avere sufficiente “Amore per la vita”. E nei vari seguiti, di luce riflessa hanno brillato pure i suoi aiutanti. Come l’inutile Billy (o Billie) quella semplice, mingherlina mascotte. Ma siccome nel mondo della cultura popolare non ci ricordiamo in tanti dell’allenatore Ash, ma di Pikachu, non di Richard Moser ma del cane Rex, alla fine, praticamente, nella mente di tutti l’assassino diventava lui, il bambolotto da ventriloquo con le adorabili guanciotte a spirale, il grazioso triciclo e la voce di Satana in persona. “Facciamo un gioco!” Esordiva l’assassino, per sua bocca, prima d’intavolare ciascun orrido scenario, per ben 7 seguiti (in aumento) più innumerevoli spin-off. E così dice minacciosamente a Gary, in questa satira che lo rende finalmente autonomo, tanto per continuare sul tema dell’emancipazione. Come crescono, questi pupazzi…
Vivere con una bambola che ti ottura il water, riempie il bagno di rasoi (di sicurezza) e sostituisce il vino con il sangue non dev’essere per niente divertente. Quando poi da le chiavi della macchina in pasto al cane, invitandoti a “tirarle fuori” con dei cucchiaioni da gelato, è davvero troppo! Purtroppo, a quanto pare, la scenetta è piaciuta a tal punto che già potrebbe diventare una serie.  Con 70.000 visualizzazioni all’attivo, per Gary si prospettano ardue giornate. E ancor più lunghe saranno le sue notti, piene di trappole per topi.

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