Peperoncini indigeribili per la gloria di Roma

Habanero

Quanto lontano ti spingerai per Roma? Rosso sangue, habanero: ave, oh! Cesare, il morituro te saluta! E neanche nell’arena del Colosseo, fra feroci gladiatori e grosse belve affamate, una simile prova di coraggio sarebbe passata inosservata. Questo giovane sarebbe il community coordinator della Creative Assembly, figura professionale che si occupa di gestire i loro forum ufficiali, quelli, nello specifico, creati a margine dell’ultimo titolo di una lunga e beneamata serie, il discusso Total War: Rome 2. Costui, a causa di una malaugurata sinergia pubblicitaria, si è ritrovato coinvolto nell’iniziativa più tremenda: un breve segmento da registrare per il popolare canale di YouTube, HotPepperGaming. Le regole del gioco, purtroppo per lui, erano chiare fin dall’inizio. “Veni, vidi, chili!” Ovvero, ti siedi a questo bel tavolo. Prendi una sola cosa dal piatto che hai di fronte, la mangi e poi parli del tuo gioco. Parla tutto il tempo che vuoi! O per meglio dire, che…Puoi. Perché quelle poderose verdure vermiglie non sono pomodori. Non sono fragole mutanti, oppure prugne verniciate, NO! si tratta di peperoncini messicani da 350.000 unità sulla scala di piccantezza di Scoville! In parole povere, tre di questi fatali bocconcini equivalgono ad una spruzzata di spray urticante per l’autodifesa, dritta nel canale digerente. Proprio questo era il punto, sancta sanctorum, spes ultima dea. Si vis pacem para bellum (se vuoi la pace, preparati alla guerra!) Era giunta l’ora, infine, di rendere conto al senato del popolo e dell’Urbe. Perché Total War: Rome 2, negli ultimi anni, ha costituito per certe fasce d’utenza il titolo più atteso della piattaforma PC. Ogni preview e video di presentazione, rilasciato con tutte le fanfare di un trionfo di legioni al ritorno dalla Gallia Cisalpina, non faceva che aumentare lo spropositato entusiasmo collettivo, fra grafica all’avanguardia, funzionalità innovative e (l’ironia più grande) una perfetta intelligenza artificiale. La realtà dei fatti, come ci siamo resi conto fin dall’inizio del mese scorso, è stata di tutt’altro tipo. Almeno fino ad ora.

La moderna industria videoludica, rispetto a quella degli anni passati, è condizionata dai limiti dell’ambizione. Tecnologicamente, ormai, tutto si può riprodurre a schermo, dagli opus del Foro di Cesare a ogni singolo pelo sulla barba dell’irsuto Cicerone. Niente scogli, sulla rotta del realismo visuale. La difficoltà che si incontra nell’odierno processo di sviluppo è di tutt’altro tipo. Come impegnare le proprie preziosissime, limitate risorse umane. Non puoi pretendere d’includere centinaia di fazioni contrapposte, da Cartagine alla Persia. Qualcosa te lo perderai per strada, sia pure nel tempo dedicato a questioni “secondarie” come la giocabilità. E lo spettacolare fallimento di questo RTW2, attualmente in fase di continua revisione, non fa che riconfermare tale tesi.
La storia della Creative Assembly è fatta di notevoli conquiste successive. L’azienda, fondata nel 1987, era nata per convertire i giochi dell’Amiga verso i sistemi operativi DOS e Windows. Dopo un periodo formativo presso il colosso Electronic Arts, primariamente nel campo dei giochi sportivi, nel 2000 arrivò la svolta, con l’uscita dello splendido Shogun Total War. Per la prima volta il giocatore, chiamato a dirigere le guerre civili del Giappone pre-moderno, poteva controllare non solo gli aspetti più strategici e gli spostamenti delle truppe a turni, ma pure le battaglie propriamente dette, in tempo reale, con l’ausilio di una realizzazione grafica particolarmente elaborata. Di lì, un sequel dopo l’altro (mondo antico, medioevo europeo, epoca del colonialismo imperiale e poi Napoleone) Il concept di partenza è stato progressivamente arricchito, non senza qualche incidente di percorso.
Per un’azienda come questa, nata nella provincia inglese di Horsham, si trattò di giungere in pochi anni, da qualche decina di dipendenti, ad una portata quasi multinazionale. La successiva acquisizione da parte della giapponese Sega, loro attuale publisher, introdusse nuovi problemi, come date di rilascio scolpite nella pietra, tendenzialmente inderogabili, nonché l’obbligo di aderire ad un diverso modello di business, meno amato dal pubblico, basato su espansioni e DLC. E se nel 2011, con l’uscita di Shogun: Total War 2, pareva che ce l’avessero fatta (quel gioco è un capolavoro di design) quest’anno è arrivata la più gelida delle docce fredde. Il nuovo episodio della serie, che torna con furor di popolo all’amata epoca di Roma, è al momento pieno di problemi funzionali, più o meno risolvibili mediante le costanti patch di aggiornamento, benché certe infelici scelte di progettazione, purtroppo, sembrino fin troppo volontarie. Qualche esempio? La semplificazione delle dinastie familiari, la gestione automatica dei trasporti per via mare, la generica facilità della campagna…
Questo video dimostra, se non altro, il senso di sacrificio, l’autoflagellazione di un povero capro espiatorio, innocente, costretto a mangiare cotanto cibo ultrapiccante per far perdonare tutta la sua azienda, oltre semplici, tardive lettere di scuse. Che pure, va detto, ci sono state. Vista la costituzione, nessuno poteva essere meno adatto di lui, a sopportar la prova. E quindi chi meglio di lui, per espiar la colpa? Come un vero samurai.

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