La voce circola tra gli stanchi soldati dell’accampamento, reso umido dallo scioglimento della calotta artica settentrionale: “Piccolo diavolo quadrupede, che corre velocissimo nel sottobosco…” E nessuno, per sua fortuna, l’ha mai visto bene. Si dice che abbia denti d’acciaio, scaglie impervie e occhi di brace, questa terribile creatura dell’armata antagonista, assemblata in fabbriche sotterranee, per il tramite di altre strane macchine, ancor più distanti da ciò che possa normalmente dirsi umano. E le sentinelle del turno di notte, che puntano la torcia fra gli alberi con mano tremante, cercano di udire quel suono fin troppo conosciuto, araldo di eventi tremebondi. “Che diavolo di guerra è questa?” sussurra una di loro, all’indirizzo del suo commilitone, la sigaretta floscia che pende dalla bocca, bagnata di sudore “Contro mostri rasoterra, che non dormono, non hanno paura, non si ritirano mai…” In un’epoca passata, anzi, in questo nostro tempo (perché stiamo gettando uno sguardo d’ipotesi verso un distopico futuro, non fosse ancora sufficientemente chiaro) si combatteva fra uomini, tutti uguali almeno in una cosa: l’attenzione per la propria preziosa incolumità. Controintuitivo è il processo attraverso cui, quanto più si esaurivano le risorse del pianeta, tanto aumentava la produzione collettiva del cosiddetto drone da combattimento. “Di cielo, di terra e di mare” dapprima telecomandati: aeroplani lanciarazzi, subordinati alla volontà di un pilota dentro una scatola, cautamente rimosso dall’azione, che potesse compiere i suoi pattugliamenti rovinosi, senza il rischio di farsi coinvolgere direttamente. E poi, giorno dopo giorno, figli di ferro sempre più automatici, scaltri e intelligenti.
2050: costruita la fabbrica SkynetOD, sotto i ghiacci gelidi dell’Artico. Un massiccio sforzo internazionale, finanziato dai paesi più forti del nuovissimo ordine mondiale, che avrebbe garantito la sicurezza eterna contro ogni fonte di aggressione armata, chiunque fosse il suo mandante. All’interno della base, 10.000 soldati robotici del tutto senza sentimenti, privi del concetto di confini nazionali.
2060: crollo repentino dell’economia mondiale, con esaurimento quasi contemporaneo del petrolio e dell’uranio. Aumento drastico della temperatura, a causa dell’effetto serra. I droni della Terra vengono decommissionati, per mancanza di fondi. SkynetOD chiude le sue porte, per sempre?
2075: nubi fosche all’orizzonte. Continenti semisommersi, città ventose prive di elettricità, rivolte diffuse nelle strade, voci a dir poco preoccupanti. Un eschimese in fuga irrompe fra i palazzi di ferro e cemento: “C’è un bagliore a nord, di tenaglie dentate, puntatori laser e…” Venne la sanguinosa battaglia dell’isola di Greenland, fatta di fuoco, fiamme e lunghe veglie notturne al cardiopalma. I demoni correvano nella notte.
“J-Jimmie, l’hai sentita l’ultima?” Spegne la sigaretta, la getta a terra. “Pare che questo affare, il gatto robotico da battaglia, sia un progetto piuttosto vecchio, addirittura del 2013. Il primo prototipo fu fatto dagli Stati Uniti. Te la ricordi Boston? Ci vivevano i miei nonni” Silenzio. “Jimmie…?! La mia torcia n-non…Cos’è questo ronzio?”
Passati sono gli anni della guerra fredda, in cui lo spettro di una bomba fungeva da deterrente invalicabile verso qualsiasi tipo di conflitto. Superato il dualismo dei due Blocchi contrapposti, è scomparso tutto, persino il timore della reciproca distruzione termonucleare. E stranamente aumentano i problemi, invece di diminuire. Circondati da innumerevoli nemici reali, temuti e immaginifici, le nazioni di oggi hanno bisogno di strumenti bellici sempre più arditi, futuristici, sconvolgenti, utili a suscitare uno spontaneo sentimento di prudenza. Gli scienziati, gli ingegneri lavorano senza sosta. Intere sotto-culture, correnti di pensiero e letterarie, fioriscono a margine di tale percepita necessità dei nostri tempi. I romanzi e videogame del compianto Tom Clancy, il cinema d’azione alla Michael Bay, persino alcuni manga giapponesi con i loro robot combattenti, fin troppo ben delineati; tutti ci mostrano il futuro della guerra come se fosse l’espressione di un brand popolare, la più desiderabile sembianza della tecnologia moderna. E qualcuno, nel frattempo, getta le basi della vera evoluzione bellica contemporanea. Si gioca a carte scoperte, per incitare gli avversari alla cautela.
Boston Dynamics è quell’azienda, il cui canale di YouTube ci affascina terribilmente, che tramite l’impiego di fondi pubblici sviluppa di continuo nuovi automi militari. La committente è sempre lei, l’agenzia statunitense della DARPA: qualcuno ricorderà. probabilmente, BigDog, il tarchiato cavallino corazzato, dalle zampe estremamente magre, usato a partire dall’anno scorso per meglio trasportare munizioni sul campo di battaglia. Ecco, quel caro essere aveva un fratello minore, che si chiama Cheetah, in grado di correre agilmente sopra un tapis-roulant settato sui terrificanti 48 Km/h. Il Wildcat, l’ultimo prodotto dell’azienda (mostrato in apertura, ispiratore di questo articolo) poi altro non sarebbe che quella stessa cosa, finalmente libera dalla schiavitù dei cavi. L’effetto è incredibile. La bestia meccanica saltella sul posto, con quell’inquietante suono BZZZZZZZZZT, poi prende il via e galoppa verso l’orizzonte. Immaginatela, che corre venefica sui campi di battaglia, all’indirizzo del nemico per… Boh! Non ci hanno ancora messo un’arma sopra, speriamo non abbiano mai bisogno di farlo. Del resto, l’impiego in operazioni stealth sarebbe alquanto difficile da immaginare, anche visto tutto quel baccano; a meno, come tratteggiato in apertura, di non volerne fare strumento psicologico di dissuasione.
Chiedete a Jimmie, cosa ne pensa. Se vi riesce di trovarlo…Ancora tutto intero.