Il software Disney per creare pupazzetti meccanici animati

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Così funziona la mente del vero ingegnere: dove noi vediamo un buffo giocattolo, per lui, solo ingranaggi, cremagliere, viti senza fine o piccoli pignoni. E questa è una fortuna, perché altrimenti chi mai potrebbe costruire il prossimo Furby deambulante, l’ET-che-telefona o Pikachu parlante-salterino? A sentire la Disney Corporation, beh, potrebbe anche bastarci un “semplice” computer. Uno su cui sia stato installato, però, questo incredibile programma di grafica, in grado di creare movimenti, pure parecchio sofisticati, a partire da un gruppo di ruote dentate interconnesse, girate a motore o manovella. Proviene da un progetto della divisione Disney Research, una fondazione a parte, collegata con il mondo della scienza pura.
Molto si parla, ultimamente, del metodo di lavoro applicato dalle moderne compagnie tecnologiche, in particolare quello di Google. Dice la leggenda, e quando si tratta di quest’azienda c’è sempre un che di mitologico, che le più insigni menti creative di ciascuna sede, circondate dai divertimenti e dai balocchi, ricevano quotidianamente il dono di una, due, tre ore di tempo da dedicare a un progetto a piacimento. E da questa iniziativa sarebbero scaturite le cose più diverse: giochini per cellulare, iniziative come quella dei cosiddetti doodle (i loghi variati per occasioni e ricorrenze) e, inevitabilmente, qualche creatura malriuscita, come il programma di workflow Google Wave, chiuso dopo appena un anno di onorato servizio. Però, sempre tramite quell’approccio, sarebbero nate anche cose utili, usate ad oggi in tutto il mondo, quali ad esempio Google Mail, la ricerca per immagini oppure l’utilissimo traduttore automatico multilingue. “Siamo così bravi che creiamo le cose belle, divertendoci” Quando una compagnia acquisisce questo tipo di reputazione, in genere, diventa l’antonomasia stessa di un eroe dei nostri tempi. Nel campo videoludico, tanto per andare fuori tema, è la misura stessa del successo: tutti odiano Electronic Arts, per la sua noméa di essere un ambiente di lavoro pieno di stress, mentre la Valve, che governerebbe i suoi dipendenti tramite una sorta di teocrazia anarco-illuminista sotto il grande Gabe, viene osannata da tutto l’ambiente, qualunque cosa faccia o fuoriesca dalle sue splendenti sale. Diversa, come è noto, risulta essere la storia della Disney Corporation. Ecco un gigante dell’intrattenimento, un tempo amato da grandi e piccini, oggi ricordato soprattutto per le sue pratiche velatamente anti-concorrenziali, come l’acquisto in blocco di brand o proprietà intellettuali (vedi Star Wars) e la ferrea gestione dei suoi stringenti copyright. Ma Disney non è solo questo, come appare lampante in questo caso. Qui le sue risorse, umane e finanziarie, vengono reinvestite a sostegno di un qualcosa che probabilmente non avrà un ritorno d’investimento, se non remoto, e non farà nulla di utile, se non stimolare l’immaginazione. Da tutti ce lo saremmo aspettati, tranne…

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Un omino che spinge, senza tregua, contro il muro. La vera antonomasia di uno sforzo fine a stesso, proprio quello che dovrebbe fare un vero automa. Se servisse a qualcosa, lo identificheremmo infatti come robot, e di sicuro non sarebbe (solo) un gioco. Questo, invece, si chiama, molto giustamente, Sisyphus; da un punto di vista mitologico, il nome proviene da colui che venne punito dagli dei, facendogli spingere un grosso masso per l’eternità. Non solo questo curioso giocattolo proviene dall’officina di Dave Johnson, artista e falegname dotato di un ricco canale di YouTube, ma può dirsi l’effettiva ragione scatenante dell’intero progetto della Disney. Compare, ricreato al computer, nella scena di apertura del video di presentazione, e non a caso viene citato nel compendio di supporto al software, ricco di spiegazioni matematiche e illustrazioni interessanti.
Simili creazioni, fino ad oggi, erano state l’appannaggio esclusivo di abili artigiani, che intagliando a mano il legno li creavano attraverso settimane, mesi di lavoro. Con l’imminente entrata in commercio delle stampanti tridimensionali, tuttavia, saranno presto alla portata di tutti. Senza più quel dualismo auto-esclusivo tra unicità ed economia di scala, tutti produrremo cose di ogni tipo dalla nostra casa, finalmente liberi dalle catene… Di montaggio. Per gli automi, tuttavia, oltre alla manualità occorre, inevitabilmente, una certa capacità di calcolo mentale. A meno di procedere per tentativi, non si può animare qualche cosa senza prima concepirla dal punto di vista geometrico, tramite numeri e cifre calibrate. E qui torna in gioco lui, l’essenziale, sapiente ingegnere.
Dategli una leva abbastanza grande, tempo libero a sufficienza e vi solleverà…Qualcosa. Disney, come molte altre aziende di successo, l’aveva sempre saputo. Non tutti si ricordano, ad oggi, della divisione Walt Disney Imagineeringl’ufficio che si è da sempre occupato dei famosi parchi a tema della compagnia; qui si organizzerebbe la giornata, secondo quanto più volte riconfermato, tramite la stessa metodologia stimolante di Google e della Valve, in cui ciascuno fa da se, decide cosa costruire o perseguire: “Se ti piace, ti paghiamo per lavorarci” E le applicazioni, alla fine, le troviamo noi! E altrimenti, tanto di guadagnato.
Anche questo dovrebbe essere l’ingegneria: creatività. Nel 1962 fu il francese Pierre Bézier, cercando un modo più veloce di disegnare le carrozzerie delle automobili, ad inventare l’omonima curva, soltanto successivamente trasformata nello strumento fondamentale di molti programmi di grafica, anche tridimensionali. Oggi, proprio da un’applicazione della stesso concetto matematico, nasce questo modo per disegnare modellini semoventi. E chi può dire, alla fine, dove si arriverà? Biologia, chimica, meccanica…Le possibilità sono infinite. Come quando si addestra un piccolo rinoceronte.

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2 commenti su “Il software Disney per creare pupazzetti meccanici animati”

  1. Buongiorno, se ben ricordo, si trattava di una dimostrazione tecnica o “proof-of-concept” dell’azienda americana e in quanto tale dubito sia stato commercializzato. Un vero peccato!

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