Martin Riddiford e Jim Reeves, inventori londinesi, sono al lavoro da quattro anni per risolvere uno tra i più grandi e antichi problemi dell’umanità: l’assenza di luce notturna. Per chi vive nel mondo della tecnologia, la pressione di un interruttore è tutto quello che serve per disperdere l’oscurità e muoversi a piacimento all’interno della propria casa. Ma l’energia elettrica non è una costante garantita, bensì una forza moderna e difficile da immagazzinare, effettivamente fuori portata per oltre un miliardo dei nostri simili in paesi come l’Africa e l’India. In alcuni luoghi del pianeta Terra infatti, un gesto semplice come leggere un libro dopo il tramonto del sole comporterebbe l’impiego di costose candele o lampade al kerosene, un concetto impensabile per chi ha bisogno quotidianamente di impiegare le proprie risorse in campi ben più fondamentali. Ma un aspetto importante del progresso della tecnica è che se da una parte rende tutto sempre più complesso e costoso, dall’altra può essere impiegato per abbassare la soglia di accesso ai servizi e beni che noi diamo per scontati. Questo è il sentimento alla base di GravityLight, una lampada che sfrutta la forza di gravità, in grado di fornire mezz’ora di luce per ogni volta in cui viene caricata. Bastano tre secondi e qualche caloria.