Un vecchio detto afferma che “su Internet nessuno può sapere che sei un cane”. Perché il pubblico del web vedrà di te soltanto quello che tu vuoi mostrare. Se non partecipiamo alla discussione, a meno di voler lasciare una chiara traccia, restiamo invisibili. In questo video interattivo, creato per Kilo, l’ultima canzone del gruppo olandese Light Light, c’è una tecnologia in grado di registrare ogni movimento fatto dal mouse di coloro che passano di lì, riproducendolo a beneficio dei futuri visitatori. Cosa ci rappresenta meglio nei computer, in fondo, se non la freccetta del nostro mouse? L’avatar non è soltanto lo strumento degli anonimi di professione, ma un concetto imprescindibile, caratterizzante. Da un’iniziativa come questa si possono trarre molte conclusioni. Alcuni seguono pedissequamente le missioni del testo fornito sullo schermo, come in un videogame. Altri si ribellano, oppure restano passivi. In almeno un paio di casi, a sorpresa, si generano situazioni di cooperazione spontanea, con chiare finalità artistiche o di ribellione. Posti tutti insieme all’interno di uno spazio definito, il riquadro di un movimentato video musicale, i membri casuali di una folla assumono, chiaramente, le caratteristiche di un gregge o di uno sciame. Questo è materiale degno di una tesi sociologica; qualcosa che riesce, giocosamente, a spiegare e definire una piccola parte del pensiero umano. Se davvero esiste un cervello collettivo, che trascende l’individualità dell’ego, dovrà pur esserci una sua componente minima. Si dice che la distanza coperta dai neuroni, se disposti tutti in fila, sia pari a quella fra la Terra e la Luna. E se noi potessimo prendere le freccette di ogni utente al mondo, chissà dove arriverebbero…