C’era una volta l’ideale cavalleresco, fatto d’integrità morale e un profondo senso dell’onore. Semplice, diretto e impossibile da sovvertire, come i racconti dei menestrelli viaggiatori, fondamento romantico dei nostri attuali generi narrativi. Famosi guerrieri, fanciulle in pericolo e draghi sputafuoco; ciascuno essenziale agli altri due, in un triumvirato concettuale strettamente interconnesso, destinato ben presto a dissolversi per le strade tortuose del tempo. Prima ancora dell’informale guerriglia di Robin Hood, delle follie visionarie di Don Chisciotte, senza il fecondo immaginario Tolkieniano, l’ironia di Calvino oppure le rigide meccaniche di Dungeons & Dragons; soprattutto ben lontano dai cupi intrecci narrativi del Trono di Spade, c’erano tre eroi: Il’ja Muromec, Dobrynja Nikitič e Alëša Popovič, rispettivamente: il fedele, il forte, lo scaltro. Secondo la tradizione dei popoli slavi orientali, i tre venivano detti bogatyr, un termine dall’etimologia complessa, che si potrebbe ricondurre alle gerarchie delle orde dei tatari invasori. Eccoli in un cartoon russo, spin-off più smaliziato di una recente serie TV per bambini, mentre vanno in cerca di fanciulle in pericolo attraverso i paesi e le ambientazioni dell’immaginario collettivo post-moderno. Invitati sul fondo di un pozzo da un baffuto idraulico italiano, finiranno in un mondo a loro ignoto, dalle regole illogiche e sconsiderate. Per andare a caccia di un drago sputafuoco si, ma diverso. E il nostro amico Bowser, il diplodoco aculeato che governa l’esercito dei Koopa, riserverà loro almeno un paio di sorprese. Perché alla fine non sarà lui, stranamente, il cattivo della storia.