Braga brucia. Nelle aree urbane, moderni assembramenti di edifici con grandi masse di persone, l’incendio è una minaccia costante. Può bastare un incidente stradale, una fuga di gas o un falò di foglie sfuggito al controllo del giardiniere di turno per generare una situazione potenzialmente grave, in grado di arrecare ingenti danni alla proprietà, se non addirittura pericolosa per tutti coloro che dovessero trovarsi o passare da quelle parti. Gli espedienti preventivi sono sempre quelli. L’amministrazione comunale piazza gli idranti sugli incroci. I privati e le aziende dispongono gli estintori all’interno dell’edificio; si fanno esercitazioni, si tracciano piani d’emergenza. Poi, nel momento della verità, un attimo di negligenza e a conti fatti possono succedere due cose: tutto risolto in pochi minuti, oppure l’imprevisto. Tempo di chiamare gli specialisti, che affrontino la situazione per terra e perché no, anche dal cielo. In fondo, come si dice, per salvarti la casa ci vuole l’elicottero. Se ne vedono molti, fra luglio e agosto, che sfrecciano da un arido disastro all’altro con l’iconico secchione pieno d’acqua, da versare spietatamente sui figli più spropositati del dio Efesto, signore mitologico di tutto ciò che possa dirsi in qualche modo igneo o divampante. Purché trovino il fondamentale quibus. Un rapido sguardo all’immagine satellitare della terza più grande città del Portogallo, culturalmente latina fin dai tempi dell’imperatore Augusto, dimostra facilmente l’origine del problema. Perché se c’è una cosa che manca, attorno allo scenario di questo improvvido fenomeno di combustione, sono gli specchi limpidi da cui attingere l’essenziale risorsa H2O. A mali estremi… Ecco un pilota che non ama farsi degli scrupoli. Se c’è bisogno di acqua, lui sa sempre come fare. Anche a costo di doverla tirarla fuori dalla piscina di una casa privata, tagliando quasi, con le sue pale, la verdeggiante cima di una siepe.