La sistematica messa in buca degli eroi del cross

Erzberg

È successo durante la Red Bull Hare Scramble, rocambolesca fase finale del grande festival di motociclismo della cittadina austriaca di Ertzberg, un evento che attrae molte migliaia di motociclisti provenienti da oltre 40 nazioni differenti. Una salita sul percorso in terra friabile, un salto spettacolare, l’entusiasmo del pubblico, pochi secondi e poi l’improvvisa sparizione dall’inquadratura del primo pilota, insieme a tutto il suo mezzo. Colpa, neanche a dirlo, di un buca non vista. Può capitare…Il fatto è che, poco più in là del tragitto designato c’era un lungo avvallamento. Non così profondo da causare infortuni significativi, per fortuna, anche perché a finirci dentro sono stati davvero tanti. Uno dopo l’altro, seguendo l’esempio della prima inconsapevole vittima, una ricca porzione di questo gotha dei motociclisti estremi si è dovuta arrendere all’evidenza: almeno per quest’anno 2013, il Gigante di Ferro (secondo nome della perigliosa montagna) aveva avuto la meglio. Ci saranno nuove occasioni! L’epico Erzbergrodeo, una sfida senza quartiere fra la tenacia dei suoi iscritti e le pendici di un rilievo spietato, anticamente famoso per le sue miniere del prezioso minerale ferro, si tiene regolarmente tra giugno e luglio, con la precisione del tipico orologio austriaco e quella certezza imponderabile che viene generalmente attribuita alle tasse. Si tratta, però, di un qualcosa di ancor più piacevole e attraente: tanto da riuscire ad ospitare in media 1800 partecipanti, un numero di molto superiore agli abitanti dello stesso paese da cui prende il via.

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La guerra dei balocchi non ammette tregua

RcBattle

Piccoli umanoidi verdi che attaccano la (T)terra. Intesa come suolo, non pianeta. Questi soldati plasticosi, faticosamente usciti da una busta trasparente riposta nel fondo di un cassetto, hanno lungamente atteso il giorno della riscossa. Li conosciamo tutti piuttosto bene, quasi per nome: c’era quello inginocchiato con il grosso bazooka sulla spalla. Il comandante che indica verso l’orizzonte, binocolo alla mano. Tra i vari marines verde bottiglia, non poteva assolutamente mancare il micro-commilitone perennemente cristallizzato in un furtivo passo del leopardo, intento a gattonare faticosamente, spingendo avanti il suo fucile. Questo perenne Rambo della situazione aveva capito tutto della vita. Liberato dall’annoso problema di doversi reggere in piedi, impresa sempre problematica per delle figurine in polìmeri leggeri o PVC, finiva per imporsi come il dominatore assoluto di molte delle sue strenue battaglie per il regno della fantasia. Oggi, nell’ultimo video dei FinalCutKing, li ritroviamo tutti assieme a dimostrarci come sia profondamente cambiata, nel terzo millennio, la guerra eterna tra le indistinte fazioni dei giocattoli guerreschi. L’evoluzione è significativa e può riassumersi in una singola parola: meccanizzazione. Mentre noi eravamo presi dalle nostre battaglie virtuali, a colpi di pixel e click del mouse, le tecnologie dei radiocomandi e degli effetti speciali hanno raggiunto un punto tale da poter includere nell’armata dei cari vecchi soldatini, finalmente, alcuni rappresentanti perfettamente funzionali della cavalleria corazzata e dell’aviazione. Guardiamoli: carri Sherman, qualche Panzer tedesco e l’iconico P-51 Mustang della seconda guerra mondiale, perfettamente riprodotti in scala, che si combattono senza quartiere in un ingaggio desertico davvero coreografico, stranamente credibile nella sua assurdità. Non mancano nemmeno le casupole di un qualche insediamento locale di gnomi o piccoli elfi, esseri a misura di soldatino.
Gli unici esseri umani compaiono all’inizio del video e nei pochi secondi della sorpresa finale, davvero pirotecnica e coerente con la legge cosmica del karma. Chi deposita un carro armato a terra come fosse un cagnolino, lasciandolo libero di fare la sua parte in un conflitto tanto drammatico e spietato, dovrebbe aspettarsi un qualche tipo di risposta dall’universo. Come, ad esempio, l’inopportuna intrusione di un vero elicottero da guerra. E allora, che resta da fare, se non darsela a gambe?

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Il senso biliardesco del chihuahua

Amadeus Pool Dog

Il mastino morde gli stinchi del malvivente, il bracco riporta l’anatra impallinata, il terrier divora il topo eccessivamente incauto. Ogni essere canino tende ad avere una mansione perfettamente definita, tranne lui: il chihuahua. Diretto discendente del beniamino preferito dai grandi sacerdoti della civiltà tolteca, questo quadrupede dall’abbaio penetrante è da sempre in cerca di una vocazione davvero sua, in grado di renderlo speciale. Oggi, grazie al piccolo Amadeus, mascotte di una sala da biliardo della città di Washington, sembra averla finalmente trovata. Giocare meglio del signor Quindicipalle.
Certe specie di animali, osservate dalla confortevole distanza della civiltà urbana, tendono a diventare la personificazione di particolari doti o virtù. La volpe, ad esempio, è furba e così via… Le loro strette nicchie evolutive li hanno predisposti a rivestire quel particolare ruolo, ancor più enfatizzato, ai nostri occhi, dalle generalizzazioni perpetrate nei libri di autori fiabeschi o letterari. Molto più difficile, invece, è ridurre ad antonomasia le bestie che vivono a più stretto contatto con noi. Ciascun cane, gatto, uccello e pesce rosso può assorbire, come una spugna, le prerogative domestiche della sua famiglia adottiva, diventando così un qualcosa di ben più complesso e stratificato della sua ipotetica controparte naturale. Un gatto di casa non ha molto a che vedere con quello che, quotidianamente, viene incoraggiato dai suoi padroni a girare libero per il quartiere. Il pappagallo di un pub inglese impara a tenere il punteggio delle freccette, mentre il merlo indiano del benzinaio saluta il cliente quando sente accendersi un motore. Una munifica carpa koi non si accontenterà, il più delle volte, del mangime economico comprato in un centro commerciale. In nessun caso, poi, tale diaspora dei tratti innati è più evidente che nell’animale cane. La ragione, secondo i recenti studi di alcune università statunitensi, sarebbe da ricercarsi in una dote particolare del suo codice genetico…

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La colazione del Re dei Draghi

Jianbing

Gira su di un piatto bollente motorizzato l’impasto di una gargantuesca omelette, la più grande che sia possibile fagocitare con bocca umana. Le mani dell’artista, un vero Giotto dell’uovo, ne fanno il tondo perfetto, poi la ripiegano come fosse un taco e ci mettono dentro quella galletta sottile, detta baocui, con accompagnamento di spezie assortite e foglie d’insalata. Ci sei mai stato a Pechino? Allora l’avrai assaggiata. Nessuno lascia il paese senza aver dato almeno un morso alla jianbing, la splendida specialità che cambiò le sorti di un re, sopravvisse immutata alla Rivoluzione Culturale e ad oggi rallegra quotidianamente la prima colazione di miliardi di persone. Il suo aroma delizioso, insieme al sorgere del sole, favorisce l’inizio di una giornata piena di opportunità positive.
La diverse culture culinarie dell’Estremo Oriente hanno la principale caratteristica di aver mantenuto da sempre un rapporto solido con gli antenati. Sia sedendosi alle tavole dei giapponesi, capaci di integrare influenze estere con un gusto e soluzioni fortemente distintive, largamente apprezzate nel mondo, che nel caso altrettanto mirabile della Corea, caratterizzata dall’impiego di formidabili spezie ed ingredienti assolutamente esclusivi, il turista occidentale, trasformato in studioso della gastronomia, potrà ben dire di aver gustato gli stessi sapori del Taiko espansionista Toyotomi Hideyoshi o dell’ammiraglio Yi Sun-Shin, colui che seppe ricacciarlo indietro dal suolo della sua patria avìta, ingiustamente invasa. E poi c’è la Cina, sempiterna culla di entrambe queste civiltà, con i suoi 35 secoli di storia e l’infinita eredità delle sue molte dinastie, ciascuna legata a particolari usi e costumi, spesso giunti fino a noi. Ogni portata, ciascun piatto e dessert della terra di Confucio ha la caratteristica peculiare, secondo un ricco repertorio di episodi ampiamente documentati, di essere stato inventato da un qualche imperatore, nobile di corte o anche un condottiero militare, che ne ha poi fatto dono al popolo dei suoi fedeli sostenitori e sottoposti, guadagnandosi un meritato posto negli annali della cucina nazionale. Fra tutti questi celebri cuochi, forse il più interessante fu Zhuge Liang, l’imbattibile drago della montagna di Xinye. Che rifiutò di combattere per tre volte, influenzò l’esito di un’intera epoca e, grazie alle competenze alchemiche di un grande saggio taoista, creò due imprescindibili, deliziose specialità: una per la colazione, l’altra per la merenda. Che si può chiedere di più alla vita?

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