Strandbeest è il nome di una serie di sculture cinetiche prodotte dall’olandese Theo Jansen, teorico dell’evoluzione, ingegnere e genetista immaginifico. I suoi animali artificiali sono elaborate strutture in PVC che montano bottiglie di plastica ad aria compressa, vele e sensori meccanici al fine di fagocitare e riciclare l’energia del vento. Il loro metodo di deambulazione non sono ruote, inadatte al suolo accidentato delle spiagge, ma molteplici zampe come quelle degli insetti, disposte secondo modalità incredibilmente complesse e stranamente funzionali. Hanno talvolta rudimentali capacità di percepire e persino cervelli meccanici per comprendere, voluminosi ma leggerissimi meccanismi in grado di ricordare la posizione dell’acqua, per loro molto pericolosa, ed evitarla.
La sua teoria vede queste creature come alternativa agli esseri biologici, nuove forme di vita in grado di adattarsi alle condizioni atmosferiche e sopravvivere, per lo meno ipoteticamente, in totale autosufficienza. Viene da chiedersi se non sia proprio questa strada low-tech, dal basso profilo energetico ma ricca di creatività ed implicazioni filosofiche a poter finalmente produrre i robot post-umani dei migliori romanzi di fantascienza: il piccolo Asimo un giorno esaurirà le batterie, ma Animaris Modularius potrebbe anche guardare indietro ai suoi creatori mentre percorre un pianeta deserto da millenni.