L’evoluzione è un processo che lavora percorrendo strade parallele. Quasi sempre, tranne che in un caso: quando viene simulata, dentro al mondo dei computer, con lo scopo di risolvere un problema assai specifico. Quello, per l’appunto, dell’Evoluzione stessa. Allora avviene tutta insieme, correndo alla follia, da velociraptor-struzzo allo svettante giraffoide, saltellando, traballando fino all’inevitabile figura bipede dell’uomo. Normale, tarchiata oppure con lo stile di un trapezio, la testa rigida e quadrangolare. Perché limitarsi? Stiamo solo Simulando una bizzarra maratona. Emulando, per divertimento, la natura. Un’attività che potrebbe dimostarsi utile, in realtà, nei campi più diversi. Non ultimi, quelli del cinema e dei videogiochi.
Questa animazione, divertente nella sua velata assurdità, è il prodotto di Thomas Geijtenbeek, A. Frank van der Stappen e Michiel van de Panne, stimati grafici tridimensionali delle università di Utrecht (i primi due) e della British Columbia (il terzo). È stato presentato, insieme ad una tesi esplicativa, nella più recente conferenza del SIGGRAPH, lo Special Interest Group on Graphics, che viene organizzato due volte l’anno dalla ACM, ovvero l’Association for Computing Machinery. Un vero summit di cervelli fuori dal comune, iscritti ad una prestigiosa società scientifica internazionale. I quali, stavolta, volevano capire se i computer potessero imparare a camminare, senza l’aiuto da parte degli umani, soltanto grazie al calcolo randomizzato. E così hanno scatenato queste creature, reali e immaginarie, sorrette da muscoli, uno scheletro e guidate da feedback di risposta ad un variabile contesto. Si comincia con la purissima teoria, si finisce lanciando scatoloni contro sventurate marionette, in equilibro sulla passerella di Takeshi’s Castle! Quasi come nella vita vera.
Una generazione dopo l’altra, pesce dopo procariota, coccodrillo dopo protozoo, le generazioni si protendono verso la migliore tecnica per la sopravvivenza. Chi fallisce, non resiste, sparisce. Sempre, comunque per gradi. Manca infatti un attimo preciso, nell’interminabile annuario della Terra, in cui il proto-anfibio si è proteso sulle zampe, la testa fuori dall’acqua, per chiudere le branchie e andare a vivere sugli alberi, tutto insieme nello stesso giorno. Ci sono voluti secoli o millenni di parziali fallimenti per creare il bradipo, dalla rana. C’era stato tutto il tempo per abituarsi, a mangiare foglie invece che insetti, ad arrampicarsi e meditare, piuttosto che gracchiare. E per sempre ci sarà.