Roboagenzia di collocamento: doppia assunzione

Fun with robots

Bangokok la splendida, città fragrante, antica capitale e moderna metropoli tailandese. Sulla spaziosa Via Rama III, un lungofiume del sacro Chao Praya, campeggia coloratissimo ristorante giapponese della tipologia Yakiniku, di quelli dove si mangia la carne grigliata. Dietro al bancone c’è un samurai silenzioso, con un televisore a fargli da testa, due grossi occhi da cartone animato e un look, nel complesso, non dissimile dal celebre Marvin il Marziano. La sua armatura storicamente accurata, rossa, gialla e oro, non sfigurerebbe sui lontani campi di battaglia del turbolento XVI secolo, tra i molti signori sconfitti da un grande conquistatore, placati dal diplomatico taiko e infine dominati dallo shōgun paziente, sul canto finale di un usignolo assai lungamente atteso. Tale redivivo guerriero, in anacronistica effige metallica, senza la spada simbolo del suo rango, non è li per combattere a beneficio dei suoi precedenti signori. Percorre, piuttosto, una Via di benevolenza e altruismo. Il solenne sentiero del cameriere automatico, vera star della scena ristoratrice.
Di questo curioso figuro meccatronico, nonché del suo identico collega, ne parla diffusamente Bangkok.com, nella sottosezione del portale dedicata alle ultime curiosità cittadine. Insieme, i due pupazzi costituiscono la principale attrazione di Hajime, un popolare bistrò etnico dedicato al più remoto arcipelago d’Oriente, molto amato da grandi e piccini. Ci si siede ai tavoli, ciascuno dotato del tradizionale barbecue, da usarsi per cuocere personalmente alcuni degli ingredienti del proprio pasto, tra cui carne di maiale, manzo, pollo e verdure. Si effettua quindi l’ordine, usando l’apposito tablet di supporto. E poi ci si mette a guardare il robot, piuttosto a lungo, pare. Dicono, infatti, che il servizio non sia velocissimo, con i suoi quasi 20 minuti di attesa. Probabilmente, il collo di bottiglia si trova in cucina. Jigou jitoku, significa: quello che fai, è ciò da cui trarrai beneficio. Mai e poi mai un depositario di tradizioni millenarie, come quell’androide samuraico, dimenticherebbe tale nipponico assioma.
E poi, mettiamoci pure che i robot non falliscono mai (il più delle volte). Ecco, questo è l’aspetto interessante, di simili iniziative commerciali: il puntare a un tratto emergente della cultura dei nostri giorni, ovvero la sempre maggiore fiducia popolare nell’automatismo. Fino a qualche anno fa, una simile idea, di farsi portare il cibo da un robot, avrebbe fatto alzare più di un sopracciglio. Figuriamoci poi, affidare ad un suo simile la direzione del traffico, in un incrocio davvero problematico…

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Polli cocainomani sloveni

RollingHedgehog

Gallina golosa, ti ho dato i semi e tu ti sei sniffata la farina. Questo, pressapoco, potrebbero dire il bucolico Andrej con la moglie Ana, entrambi originari della città di Lubjljana, rivolgendosi agli occupanti del pollaio, ormai degenerato. Lo stato morale dei giovani pennuti d’oggi…Esci la mattina per andare a far la spesa, con il tuo Apecar fiammante, non sai cosa trovi al tuo ritorno. Forse spinte alla follia dal canto rompiscatole della tremenda tortora di sottofondo, piuttosto che traviate da una TV sempre più pacchiana e dozzinale, magari pure dalla cattiva compagnia di un gallo nero, quelle cinque scapestrate, hanno assunto delle sostanze che stupiscono. Stupidi stupefacenti, da risucchiare con un singolo fiato di becco beccaccino. Sotto lo sguardo accusatore di un’anatra di strada, perenne guastafeste dell’azienda. Niente d’illegale, s’intende, visto che siamo nel mondo fantastico del viral marketing internettiano. Ma quante uova potenziali mai covate, quanti sogni infranti di bei voti e un brillante futuro all’accedemia del pollame!  Gli uccelli seguono la strada della semplice evidenza. Per questo assumono i vizi del contesto. Galline che si drogano? È la fine della vecchia fattoria (oh!) L’inizio di una nuova era. I nostri figli non potranno che invidare le frittate, i dolci e tutto ciò che viene fatto con il frutto tondo del pulcino. O forse era l’opposto, a dire il vero non si è mai capito.
Il breve video, divertente nella sua spontaneità rurale, costituisce l’ultima iniziativa pubblicitaria del portale Rolling Hedgehog (il Porcospino Rotolante.com) l’iniziativa fruttifera di due ragazzi sloveni stanchi di vivere in città, che si sono messi a coltivare la terra per l’auto-sostentamento, producendo anche conserve ed oggetti artigianali da rivendere sul web. Chiunque fra noi ancora graviti ai margini del mercato del lavoro, in questo 2014 travagliato, non può che invidiare tale soluzione. Sfruttare la terra, piuttosto che essere sfruttati, in attesa di un impiego fantomatico che non alla fine non arriva mai. Lontani sono i tempi della mentalità medievale. Dalla gleba, oramai, può venire solo il bene, oltre al pane. Tutto il resto è frutto della mente.

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Il pandemonio amletico delle scimmie infinite

Chimpology

La gente scruta spesso verso quel canale di YouTube, finestra verso un particolare tipo di follia, ricorsiva, senza fine, di una catartica ingiustizia visuale. Sperando, non senza un certo grado d’incertezza, proprio in cose come questa. Quando l’animatore inglese Cyriak, navigato surrealista, incontra una delle metafore scientifiche più note, astruse e illogiche dell’intera storia umana, non può che nascerne un’allucinogena visione da quasi-fine del mondo, di fronte agli occhi attoniti del pubblico del web, ancora oggi solo parzialmente abituato, dopo tanti anni di avventure straordinarie. Esserci per ricordare, questo è ciò che conta. Dalla sicurezza di casa propria. Eccolo qui, il nuovo frattale di un poema… E ancora in corso di scrittura, tra l’altro. Dunque salga subito quel rigido sipario, entrino gli scimpanzé. Al ritmo sincopato di una musica elettronica, l’esercito scimmiesco batte sopra i tasti d’infinite macchine da scrivere, senza posa e senza scopo. Un orrido orco robot, dal volto d’insensibile metallo, riceve il suo tributo in balbuzie grafiche senza copione, in attesa della fulgida rivelazione: “Non essere, oppure non esserci, qual’era la domanda?” Lettera 42, mille miliardi di volte per conoscere l’inutile risposta. ERROR! Dannati pelosi scribacchini, stiamo finendo le banane. Qualcuno si ricorda quale fosse la domanda?
È tutta una questione di remotissima casualità, applicata alla letteratura. Fu, dicono, Aristotele, quell’accademico sapiente (III sec. a.C.) ad elaborare il prototipo di questa scena, qui dimostrata grazie ai delìri un PC moderno. Si stava giusto pronunciando, sotto i portici gremiti della munifica agorà d’Atene, a sostegno delle teorie di un suo insigne predecessore: “Leucippo di Abdera, l’atomista? Aveva il suo filosofico perché. Come questo vasto mondo, anche Tragedia e Commedia si compongono della stessa materia reciproca e invariata.” Reggendosi il mantello, alzò allora un dito didascalico. Gli studenti tacquero rapiti: “Le lettere, caratteri tracciati sulla carta, sono come la struttura delle cose. Cambia l’ordine, variano gli eventi. Tuttavia, Alfa resta Alfa, e così l’Omega. Prese da sole, sono prive di un significato.” Era, già in quell’epoca, un’evidenza chiara, che il caso governasse il corso degli eventi. Che minuscole particelle, viaggiando in mezzo al vuoto, si scontrassero tra loro, senza il suono di un sussurro, restando appiccicate per formare stelle, rocce, piante, animali e poi persone. Più le cose scorrono, più restano le stesse, questo era l’ideale di una tale Scuola. Trecento anni dopo o giù di lì, il celeberrimo romano Cicerone, non senza spirito polemico, decise di confutare quell’idea: “Tengo in mano un grosso sacco nero. Dentro ci sono una miriade di copie delle 21 lettere dell’alfabeto dei latini. Se io le getto tutte a terra, mai e poi mai potrebbe comparire neanche UN SOLO VERSO degli Annali di Ennio. La casualità, mia cara SPQR, non può produrre il bello.” Scese allora dal suo aureo palco, soddisfatto, verso centomila sgradevoli lezioni di latino. Lui non lo sapeva ancora, che le scimmie discendono dall’uomo. E viceversa, all’incontrario.

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Fare il bagno circondati dagli Space Invaders

Aquatop

AquaTop è l’ultimo sistema tattile basato sulla tecnologia a infrarossi del Kinect che, assieme ad un comune proiettore digitale, si propone di trasformare l’ora del bagnetto in una guerra turbolenta, da combattersi lanciando colorati dardi d’energia. È l’interessante prima invenzione del Koike Laboratory, un team di giovani ricercatori provenienti dalla University of Electro-Communications, recentemente istituito, con sede nella grande metropoli di Tokyo. Eccoli al lavoro, sopra e dentro una piccola bacinella, a colpi di manate bioluminescenti, lanciate all’indirizzo di una ferocissima papera di gomma. Videogames, fuori e dentro l’acqua! Un’idea che nasce da un sentimento molto giapponese, coniugato col moderno bisogno di essere connessi, ad ogni costo, dal primo sorgere dell’alba, fino all’inesorabile incipienza della sera. Molto più che una semplice seconda vita, un sale da bagno che profuma l’Universo. Già gli astri notturni si riflettono sui nostri schermi: cellulari, console per videogames, tablet, mini PC volanti. La loro marcia è come quella di una massa di nemici pixellosi, che insidiano la pace collettiva sottostante. Ben presto, questo prodotto estenderà, in un qualche maniera, lo spazio di una tale pervasiva virtualità, persino là, verso i confini dell’impossibile fruizione. Germogliando da quell’umile vaschetta, verso polle (umane) ben più grandi. Il mercato c’è, a volerlo ben vedere.
Estremamente frequentate in quel paese risultano essere, infatti, le stazioni termali degli onsen, al chiuso oppure all’aperto come da tradizione. Praticare quel tipo di abluzioni è considerata una parte inscidibile dall’esperienza dei ryokan, ovvero gli alberghi nazionali sullo stile di una volta, caratterizzati dalla reciproca condivisione. Non è certo tanto insolito, per un viaggiatore abituale, indossare le colorate vestaglie dette yukata, camminare a piedi nudi sulle stuoie di riso, spogliarsi e immergersi silente, fra completi sconosciuti. Ora, se qualcuno, in quei pacifici momenti, dovesse pronunciare il grido: “Attenzione, meduse all’orizzonte!” Non sarebbe poi così apprezzato dai presenti. A meno che non si stesse giocando tutti con un titanico AquaTop…

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