Se ne uccide più la penna che la spada, figuriamoci il telefonino. Specialmente in questo caso. Lavorando alacremente sotto la luce argentea della luna, Morishowta ha costruito cose. Sono armi, queste, contro il crimine e la noia. È bello guardarlo mentre, come i migliori supereroi, mette alla prova simili gingilli per i vicoli e le strade di un tranquillo, eppure vasto, centro urbano. Forse Tokyo, chi lo sa. Cosa importa, dopo tutto? Ciò che conta è crederci. E lui ci crede (veramente). Si è messo al tavolo da disegno, come un formale ingegnere tecnologico, progettando la soluzione di un problema, precedentemente irrisolvibile. Solamente perché ignorato, chissà poi perché. Stiamo parlando del ritardo nel rispondere allo squillo dello smartphone, che tante telefonate, importanti occasioni di dialogo in potenza, ha condotto verso il nulla dell’oblio. Bisognava pensarci prima! Così semplice, tanto geniale: polsiere a molla con sistemi d’estrazione, che consentono, in qualunque attimo del giorno, di far culminare straordinari gesti con la nipponica dicitura: “Moshi moshi?” Ovvero: “Pronto?” Tra il silenzio dei presenti, doppiamente basiti: per l’onore di trovarsi al cospetto del prezioso logo della mela, così come per il poco riguardo usato, nel maneggiarlo. Tale successo, tuttavia, non gli bastava. Ha dunque fatto pratica di combattimento, guardandosi un’intera cineteca del chanbara, i film in bianco e nero coi guerrieri samurai. Prima di esplodere dal suo portone principale, guidato dalla fiamma dell’entusiasmo sperimentativo, per mettersi alla prova contro il vento e il sole forte dell’estate.
Ne avevamo parlato in precedenza, di questa sua inventiva via d’accesso alla celebrità. Ma con il passar degli anni e i nuovi modelli messi sul mercato dalla Apple, cambiano i normali presupposti, assieme alle aspettative rilevanti. Non ci convinceva, del resto, la custodia gommata, un tempo consentita, per proteggere dagli urti l’elettronica di bordo. Forse Wolverine ha un fodero, per i suoi artigli? Oppure Batman, prima di lanciare il batarang, lo toglie dall’incarto della confezione? Nudi alla meta, sono i loro attrezzi, proprio perché sempre pronti all’utilizzo. E nel nuovo video, parimenti, il nostro amico ha messo assieme un aggancio ad emiciclo di incorporamento, realizzato ad-hoc, che lascia scoperti gli spigoli taglienti del dispositivo. Per ferire meglio i suoi malefici nemici, credo. Tanto, come l’altra volta, quasi sempre il telefono gli cade a terra, se non peggio. C’è però, stavolta, una sorta di percorso evolutivo nel suo procedere, un senso di fondamentale progressione. Dapprima, concentrandosi sui tablet, ci dimostra i meriti di una speciale bardatura. Che diventa, più che altro, come una catapulta della distruzione. Poi si dedica alla tradizione. Con la maschera vermiglia di un tengu, abbina al meccanismo d’estrazione il den-den daiko, o tamburello a doppia corda, un giocattolo molto amato dai bambini giapponesi. Per danzare, al suono di una musica che soltanto lui riesce a udire, in mezzo alle auto ferme in un parcheggio. Da lì, prosegue in modo logico, altamente ragionevole.