Tra le diverse creazioni di Aki Inomata, giovane artista tokyoita, spiccano questi fantastici gusci di plastica per paguri, creati a guisa di città famose, edifici industriali e altre composizioni architettoniche umane. L’idea, secondo quanto riportato sul suo sito, ha origine nel 2009, in occasione del trasferimento dell’ambasciata francese da un quartiere all’altro di Tokyo, un progetto che richiese la demolizione di alcuni vecchi edifici. Per questa cultura d’Oriente, in cui i luoghi e gli oggetti inanimati possono assumere una dignità molto particolare, sia dal punto di vista religioso che materiale, un passo simile assume notevoli implicazioni concettuali. Gli spostamenti di un’istituzione, anticamente, erano percepiti come una grave necessità, da accompagnarsi a tutta una serie di complessi rituali. Quando nel 784 d.C, per contrastare il crescente potere del clero buddhista, l’imperatore fu trasferito da Nara a Nagaoka, gli ornamenti del palazzo e dei templi viaggiarono con lui, onde evitare una ribellione dei kami, gli eterni spiriti del cielo e della terra. L’ulteriore dislocamento, dopo appena 10 anni, verso Heian-kyo (l’odierna Kyoto) fu doverosamente accompagnato dalle solenni purificazioni degli onmyoji, gli esorcisti sovrannaturali della tradizione shintoista. Secondo alcuni, tra l’altro, quest’ultima città sarebbe ancora la capitale del Giappone. Il subentro burocratico dell’odierna Tokyo, avvenuto de facto, soltanto nel 1869 e in assenza di un vero editto imperiale, sarebbe quindi da considerarsi infausto, inopportuno e lesivo nei confronti dello stato di equilibrio di questo paese unico, in grado di mantenere un privilegiato dialogo con l’ultraterreno. Tutt’altra storia, come osservabile nell’acquario di Aki, sono le creature decapodi della famiglia paguroidea latreille, tra cui l’illustre granchio eremita. Qualsiasi cosa trovino tali animali sullo sconnesso fondale marino, sia questa una conchiglia, una spugna, un barattolo, un nido abbandonato dai vermi polychaeta o altre facezie, loro ci entrano dentro e la chiamano, con soddisfazione, casa propria. Questi sapienti crostacei non percepiscono l’insoddisfazione, l’anélito e la smania degli altri esseri, soltanto la fortuita fuoriuscita da uno stato di necessità. Qualche tempo dopo, diventati troppo grossi, senza rimorsi gettano via il guscio della loro gioventù, cercandone di nuovi. Quale occasione migliore, per una mentalità creativa, d’interfacciarsi con la natura?