“Quel dannato pennuto azzurro cielo.” È notte tarda, in una città non meglio definita del sud della Francia. Il tepore primaverile diffonde un senso di tranquillità, che mai farebbe pensare a un qualcosa di sovrannaturale. La moglie dell’uomo sta cercando di consolarlo da diverse ore, ormai. “Estelle, non sono pazzo, capisci? C’è un uccello che mi segue. L’ho visto al centro commerciale, poi era lì, nel parcheggio. Quel delinquente…voleva rubarmi l’auto!” Estelle conosce bene suo marito, sa che è una persona con la testa sulle spalle. Il più delle volte. “Caro, vuoi spiegarmi questa pazzia? Gli uccelli non guidano la macchina!” Non ne può più di starlo a sentire. Dall’ora di cena stanno appostati in soggiorno, nel loro appartamento al piano terra, con le tende tirate per non vedere fuori. Mentre lui perde sempre di più il controllo di se stesso. “Era lì, era lì ti dico” Le mani nei capelli, la bocca contratta in una smorfia di sofferenza “Nessuno mi crede! L’uccello si nascondeva sul campo da golf, non mi ha fatto tirare!” E che diavolo, pensa lei. Quando mai si è visto un uccello gigante, con i piedi gialli, le piume azzurre e un ciuffo peloso sulla testa? Se solo avessi dato retta a mia madre. “Basta! Mi vuoi spiegare che…” Lui d’un tratto sembra trasalire, come se avesse sentito o visto qualcosa di tremendo. La giovane donna osserva attentamente il suo volto, segue la direzione dello sguardo. Verso e oltre la finestra della cucina, lasciata aperta per una svista. Nota qualcosa nel buio del cortile, che si avvicina silenziosamente. È un’ombra indistinta, dagli occhi tondi e penetranti. “Sigh!” Si volta di scatto. L’uomo di casa, nel frattempo, giace sconvolto sul divano. “Dannazione!” Colta da un’improvvisa ispirazione, Estelle apre l’armadio, tira fuori un pesante ferro 9 e preme l’interruttore accanto all’ingresso. Le luci si spengono. Abbassa la maniglia della porta, la spalanca con un calcio rabbioso e poi….