Se mai dovesse realizzarsi il progetto di un film tratto dal franchise di Warhammer 40k, nato ben 26 anni fa grazie alle iconiche miniature militari della Games Workshop, finirà probabilmente per essere un tripudio di effetti speciali digitalizzati. Sarà magnifico, coloratissimo, talmente realistico da potersi quasi definire vita vera. E completamente prodotto al computer; il che, da un certo punto di vista, potrebbe dirsi un gran peccato. Perché se c’è un monaco che può farsi attraverso l’abito, nonostante il detto popolare, questo è certamente l’Adeptus Astartes, il famoso Space Marine. Dal risultato delle centinaia di ore di lavoro di Henrik Pilerud, geniale cosplayer svedese, traspaiono un’abilità artigianale e una passione che il cinema di oggi, in un certo senso, sta perdendo. Soprattutto per il modo in cui, lungi dall’essere una statua indossabile, la sua armatura permette anche di muoversi e camminare agevolmente tra i propri fan, recitando la gustosa parte del turista interstellare, capitato per caso sul pianeta Terra e in cerca di un pò di meritata fama. Operazione indubbiamente riuscita: l’entusiasmo dei presenti all’ultima convention del settore a Linköping, la città sita tra Stoccolma e Copenaghen in cui è stato girato questo video, era misurabile dalle spontanee risate, i sinceri complimenti e le dozzine di cellulari subito estratti per fotografare l’improbabile comparsa di questo mega-soldatino vivente, magicamente ingrandito 100 volte. Tra una foto e l’altra, il nostro eroe ha trovato pure il tempo di assegnare il premio al vincitore del torneo. Un compito di somma imparzialità, forse inadatto a chi tali battaglie sembra quasi averle combattute…In prima persona!
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L’abbuffata del famelico vagabondo-uccello
Felix Colgrave è il disegnatore di alcuni fantastici cartoni animati, degni di occupare a pieno merito la “parte strana di YouTube”. I suoi concisi lavori, dallo stile buffo e inconfondibile, dimostrano il modo in cui persino tale favoleggiato luogo digitale, sede di astruse visioni e inspiegabili video-vicende, possa ospitare spunti di approfondimento e ricche considerazioni esistenziali. Il titolo del corto, questa volta, è semplicemente HONK, onomatopea che dovrebbe rappresentare il tipico verso del gabbiano. Perché qui, di gabbiani, ce ne sono di ben due tipi: quello classico e un altro, assai più particolare. Gli esseri umani amano ogni tipo di classificazione e suddivisione tra i regni naturali, tanto che un tempo erano soliti applicarne di simili anche a se stessi. Non a caso diverse antiche civiltá, da Oriente ad Occidente, avevano la caratteristica di essere organizzate in caste, con una netta separazione tra nobili, gente comune e tutti coloro che venivano considerati, per le ragioni più diverse, indegni. Ci sono molti nomi, nel mondo, per questi individui sfortunati: i paria indiani, ovvero gli intoccabili, l’etnia discriminata per eccellenza. I burakumin giapponesi, coloro che si occupavano di compiti considerati impuri, i cui discendenti ancora oggi faticano ad integrarsi. Le popolazioni medievali delle regioni basche, al confine tra Francia e Spagna, costrette ad indossare sgradevoli distintivi di riconoscimento. Oggi si cerca costantemente di muoversi oltre simili pregiudizi. Eppure basta guardarsi intorno per rendersi conto che, nonostante tutto, i fuori casta esistono ancora. Sono i disoccupati senza prospettive, i mendicanti, i senzatetto, i vagabondi… Tutti coloro che sopravvivono ai margini del mondo cosiddetto civile, dimenticati dalla società. Avete mai visto qualcuno dare da mangiare agli animali randagi, mentre poco più in là un povero soffriva la fame? Questa potrebbe dirsi, attraverso la fantasia di un giovane artista australiano, la giusta rivincita del karma.
L’uomo con il potere di influenzare il tempo atmosferico
T.Chase è l’uomo che sussurra alle nuvole, ottenendo risposta. “Sia fatto un buco… Sia fatto un buco…” Il suo messaggio al cielo suona come una sorta di mantra, ripetuto più volte, formulato con voce stranamente gutturale. Parla dapprima con tono normale, poi affannoso, poi estremamente bizzarro. A quanto pare, infatti, il grado di concentrazione richiesto per operare nel campo della psicocinesi metereologica è talmente profondo, e intenso, da cambiare l’accento e la pronuncia delle parole. “Sia fatto un buco… Più grande… Più graa-ndee…” Si ascolta rapiti il suo crescendo di portentose invocazioni, che durano ben quattro interminabili minuti. A un certo punto, inevitabilmente, viene da chiederselo. Possibile che le nubi parlino inglese? Presi così, spontaneamente, fra il dubbio e l’aspettativa, si resta affascinati. E combattuti. Lo stesso mistico, dal canto suo, afferma di essere un autodidatta e di aver raggiunto, nei suoi giorni migliori, “soltanto” il grado 3 della scala psicocinetica. Sarebbe a dire, quello che consente di creare giusto una nuvola, controllare il vento leggero e causare un pò di pioggia qua e là. Niente temporali o uragani, competenza di stregoni e antiche divinità, come gli Aesir vichinghi e le streghe scozzesi del XV secolo. Un fallimento, giunti a questo punto, sarebbe imbarazzante. “Allarga il buc…” Poi, incredibilmente, eccolo lì. Il fenomeno si è compiuto: dove prima campeggiava esclusivamente del candido vapore acqueo, ora spicca un ceruleo soffitto celeste, oltre il fatidico foro circolare. Perfettamente delineato. Sarà una coincidenza? Tutto è possibile. Ai posteri l’ardua sentenza. A noi è bastata la catarsi del momento, così pregna da favorire il buonumore. E perché no, contagiosa: verrebbe quasi voglia di provarci.
L’unica moto con una sola ruota
Il futuro degli spostamenti veicolari appare incerto. Tra l’esaurimento dei carburanti fossili, la crisi economica e l’incapacità di rinnovarsi di un’industria molto conformista, ovvero quella dei mezzi di trasporto, la familiare automobile sembra ormai destinata a fare la fine di un vetusto dinosauro tecnologico. Fino a 20 anni fa, tutti erano sicuri di una cosa: a partire dal 2000 non avremmo più avuto bisogno dell’invenzione preistorica che più colpisce la nostra fantasia, la ruota. Auto volanti, con bizzarri congegni antigravitazionali, turbine o colossali magneti, ci avrebbero condotto da casa al lavoro passando per i cieli tersi di un pianeta pulito, limpido e silenzioso, alimentate da micro-pile a fusione, fantastici pannelli solari o i pensieri positivi di un’utopia socio-economica appagata e del tutto priva di conflitti. La realtà, come spesso capita, è che i cambiamenti richiedono sempre una fase di transizione, variabilmente lunga e travagliata. E noi quel momento lo stiamo attraversando, forse, con il numero sbagliato di pneumatici. Per tutti quelli che vogliono viaggiare in solitario sulle strade, ma la moto non la sanno portare, e nello stesso tempo disdegnano la costosa soluzione delle quattro ruote, oggi esiste un’alternativa intelligente: RYNO, l’uniciclo a motore elettrico che sembra quasi un Segway, ma permette di restare seduti mentre ci si sposta da un luogo all’altro, in tutta comodità. Al ritmo tranquillo di 40 Km/h, perché la fretta non sempre risolve i problemi della vita. E poi, a quel punto, si potrebbe fare il passo successivo e comprarsi un realistico costume da orso bruno. Tanto per passare inosservati…