La leggendaria torre delle capre

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La torre per gli umani è un simbolo potente. Edificio verticale che sfida le leggi della fisica, allegoria di superbia e autorità, seggio elettivo di eremiti e mistici stregoni. Viene in genere costruita per ragioni precise, ma ben prima di servire allo scopo costituisce punto di riferimento e motivo d’orgoglio. E fra tutti gli animali, uno in particolare capisce molto bene questa problematica e la vive nel profondo del suo essere. Ci sono infatti capre che, prese dallo scontento, finiscono per salire sopra trattori e persino mucche o maiali, causando problemi gravi e palesando la loro fondamentale mancanza esistenziale. La soluzione, in quanto tale, non è nuova: una struttura rialzata, per quanto ci è dato capire, costituisce il non-plus-ultra della soddisfazione residenziale caprina. Ma semplici parchi giochi in legno e strane svettanti invenzioni, largamente documentate su YouTube e altrove, non sempre soddisfano a pieno le candide e cornute abitanti delle fattorie. Molto diverso è invece il caso della celebre Goat Tower, che svetta dal 1981 nella Fairview Wine and Cheese Farm in Sudafrica, azienda agricola con circa 750 capre di Saanen. Vera e propria mini-montagna artificiale, sviluppata in mattoni, con tetto di metallo e scalinata lignea di forma circolare, i suoi tre piani offrono la vista migliore sui prati e i campi circostanti, con estrema gioia delle sue abitanti. Tale meraviglia è per questo giunta a costituire, tramite le dinamiche sociali internettiane, una vera e propria utopia, sublime, irraggiungibile e dal significato misterioso.

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La pelliccia magica del Circo Roncalli

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Chiamata in modo apparentemente casuale dal pubblico (in realtà era parte dello show) la distinta signora riceve dal clown del circo un grosso pacco infiocchettato. Recatosi in cabina per trarne una sontuosa pelliccia, con tanto di volpe al collo, dono d’altri tempi e ben lontano dalla moderna coscienza animalista, nel momento del suo sfoggio d’eleganza finirà per averne una straordinaria sorpresa. Furetti, visoni e volpi sono animali intelligenti che capiscono quando è il momento di stare al loro posto e se c’è l’occasione di fuggire, basta un’attimo di distrazione, la sfrutteranno per tornare creature libere e incostanti. O almeno questa è la visione fantastica data in questa scena d’arte comica circense, in cui la spontaneità e la natura vincono senza mezze misure sulla spregiudicata industria e sulla vanità umana.

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Rio Hamza, il fiume segreto che scorre sotto l’Amazzonia

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Il nostro pianeta non è un mondo statico e ospitale, scenografia immobile delle creazioni umane. La sottile crosta terrestre, strato solido profondo appena qualche decina di chilometri, poggia instabile su sfere sovrapposte di magma liquido e minerali fusi. Passeggeri nostro malgrado della perenne deriva dei continenti, risentiamo inevitabilmente di catastrofi geologiche come terremoti e eruzioni, fenomeni tanto gravi noi esseri viventi quanto insignificanti da un ipotetico e oggettivo punto di vista cosmico. Ed è così che le aperture verso il mondo sotterraneo, dischiuse attraverso i secoli dalle forze inerziali delle zolle emerse, diventano vulcani o sorgenti di magma, luoghi inospitali e terribili. Ma talvolta capita che dal profondo della Terra non scaturiscano fuoco e fiamme, bensì le acque nutrienti e preziose di bacini acquiferi, doni naturali in grado di creare fiumi immensi e nutrire intere civiltà. Qualcosa di simile avvenne, milioni di anni fa, nell’America meridionale: il suo frutto, chiamato un tempo Apurimac (l’oracolo) è oggi noto come Rio delle Amazzoni. Con i suoi 6937 Km di lunghezza, un volume d’acqua impressionante e innumerevoli affluenti, questo fiume è tuttora il più grande e significativo tra quelli visti da occhio umano. Tuttavia di recente, grazie al lavoro di un team multiculturale di scienziati, il suo primato sarebbe in pericolo. Perché è stata ipotizzata l’esistenza di un fratello segreto, a 4 chilometri di profondità direttamente sotto di lui, altrettanto lungo, più antico e di gran lunga più imponente. Si tratterebbe di un fiume sotterraneo le cui sponde arriverebbero a distare tra loro anche 400 Km: il colossale e misterioso Rio Hamza.

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La voragine del deserto che brucia da più di 40 anni

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In Turkmenistan, nella provincia di Ahal, nel mezzo del nulla c’è un villaggio di 350 abitanti semi-nomadi appartenenti alla tribù di Teke, chiamato Derweze. Il suo nome significa “la porta” un termine originariamente dovuto al suo ruolo di oasi e punto di scambio sul confine del Karakum, il più grande e arido deserto della regione. Ma a partire dal 1971, a causa dell’errore di calcoli di una squadra di geologi, in prossimità del piccolo centro abitato si è palesata un’altra soglia, verticale e incandescente, verso la più terribile e spaventosa delle località: l’Inferno. Si tratta essenzialmente di un impressionante cratere largo 70 metri e profondo 20, sede di un incendio inestinguibile e inesauribile, figura inquietante, geologicamente atipica e meta di un turismo particolarmente coraggioso da ormai più di quattro decadi. In merito al pianeta Terra, nessuno conosce i veri limiti delle casualità ambientali e tutt’ora non ci è dato sapere quando, e se mai, il fiammeggiante gas di Derweze giungerà ad esaurimento.

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