La grande casa stregata della vedova Winchester

Clip dal documentario ufficiale del 1997, diretto da Tam O’Connor Fraser

La luce tenue delle candele allungava le ombre nella gelida stanza di un famoso stregone a Boston. L’anno è il 1884: la ricca vedova Winchester siede al tavolo di mogano di fronte a un individuo in paramenti surreali sperando, finalmente, di essere vicina alla risposta lungamente agognata. Interi mazzi di carte disposti in arzigogolati ventagli circondano l’alfabeto a caratteri gotici di una scatola Oujia, metodo innovativo e rinomato per contattare i defunti. Ad un certo momento il medium, dopo aver a lungo manovrato i suoi apparati arcani, improvvisamente alza lo sguardo, trasale, contorce l’espressione luciferina e aggrotta le folte sopracciglia: lo spirito guida ha parlato, le porte dell’aldilà si sono aperte per qualcuno…o qualcosa. “Recati ad Ovest” enuncia chiaramente l’interlocutore, con voce suadente e al tempo stesso cavernosa “una volta giunta lì inizia a costruire una grande dimora. In questo luogo trova rifugio, poichè le molte persone uccise dai fucili che sono la tua fortuna stanno per reclamare atroce vendetta”. La donna, 45enne ormai senza nessuno al mondo, si protende speranzosa, convinta di aver riconosciuto in quelle parole il suo compianto marito “Il giorno in cui la casa sarà ultimata, tu morirai“. E’ possibile che allora un tuono distante abbia sottolineato la drammaticità del momento ma in merito a questo, ahimè, non ci è dato sapere.

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La stranezza delle capre

Dare spessore ai pianeti extraterrestri descritti nei racconti e film di fantascienza comporta inevitabilmente la progettazione di strane creature, se possibile distribuite a più livelli della scala evolutiva. Il fantastico attrae ciò che è diverso dal quotidiano e per questo ogni civiltà spaziale degna di tale nome dovrà avere al suo seguito animali altrettanto misteriosi: abbiamo visto bufali marziani incrociati con gli scarafaggi (Futurama) e pericolosi Bauli dai molti piedi ed altrettanti denti (Discworld) ma a volte basta guardarsi intorno per scoprire che le bestie aliene sono già, in un certo senso, tutto intorno a noi.

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Due tagli per una sola spada: Chivalry vs War of the Roses

E’ sempre stata una questione tecnologica… In fondo è chiaro che per chi realizza un videogioco le armi da fuoco siano semplici. Un lampo, un botto, l’effetto del colpo di pistola sui muri, sulle cose, sui nemici. Nessuna animazione per le parti coinvolte tranne quella implicita del dito sul grilletto ed una semplice ragdoll automatica della vittima che cade a terra. I migliori shooter online di tutti i tempi hanno mantenuto le cose semplici e a buon merito si sono costruiti un seguito tra i più grandi dell’industria su PC e console. Ben diverso è dover rappresentare le gesta di un cavaliere medievale in battaglia: una spada non colpisce come una mazza o un’alabarda, per non parlare di tutte le complesse dinamiche di parata con scudi, finte, contrattacchi e la difficoltà di avere un netcode tanto efficiente da gestire collisioni e movimenti ravvicinati. Per questo forse da quando esiste il multiplayer online spariamo a tutti e tutto, ma di spade ne abbiamo impugnate ben poche; con la possibile eccezione di quelle laser (licenza di Star Wars permettendo). Si può dire tuttavia che in tempi recenti abbia iniziato a soffiare il vento del cambiamento.

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Ritratti affascinanti dipinti su vecchi floppy disk

Nick Gentry è l’artista Londinese che dipinge volti di grandi dimensioni su composizioni di dischetti magnetici da 3½ pollici, facilmente riconoscibili come appartenuti allo storico computer Commodore Amiga. Vero simbolo del gaming anni ’80 e ’90, il supporto mediatico di questo sistema relativamente antico diventa così tela pittorica imperfetta, superficie grezza dove le etichette scritte a penna si mescolano con gli adesivi di riviste specializzate ed occasionalmente incontrano titoli variopinti, impronte fossili di gemme videoludiche dimenticate. Allo stesso modo di uno scultore che sappia come seguire le venature naturali della pietra, l’autore integra perfettamente i tratti preesistenti degli adesivi e ruota persino un paio di dischetti a dipinto, per rappresentare le pupille dei volti usando i perni metallici sul retro del floppy.

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