La frenesia dell’uccello sghignazzante

Kookaburra

Difficile descrivere il verso del chiassoso kookaburra. Come un ululato, una risata, mille scimmie impazzite o il delirio derisorio di una iena innamorata sul finire dell’estate. Hollywood, nonostante le sue molte prerogative creative e immaginifiche, tende a riciclare di continuo certi elementi. Tutti avranno sentito, almeno una volta, il celebre grido di Wilhelm, l’ululato in dissolvenza prodotto da un personaggio colpito da qualcosa, che cade rovinosamente dentro l’abisso senza fondo. E se tale gemito è da sempre un elemento fondamentale dei film western o d’azione, puntualmente riemesso dai cattivi sconfitti in prossimità del pirotecnico finale, ecco qui una prestigiosa controparte, altrettanto importante eppure decisamente meno nota. Lo produce naturalmente questo uccello, altamente stimato in funzione della straordinaria dote. Sarebbe il classico suono di sottofondo per ogni scena ambientata nella giungla, irrinunciabile in ciascun capitolo dell’eterna saga di Tarzan o negli exploit dei suoi molti imitatori. Sotto l’ombra degli alti alberi pluviali, grondanti d’umidità e di vita, risuona in questo modo: (vedi video, registrato presso lo zoo di San Diego). Se si potesse prendere tutta l’Amazzonia, concentrarla in un barattolo come quelli della serie cow-in-a-can, poi aprirlo e guardarci dentro, spunterebbe fuori uno di questi kookaburra. Ci starebbe un po’ strettino, poco ma sicuro. Una volta uscito, meglio correre ai ripari.

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Questo uccello australiano dal verso penetrante è il più grande membro della famiglia dei martin pescatori di terra, gli halcyonidae, e si riconosce dal suo grande becco, simile a quello di un corvo. Alla stessa maniera di quest’ultimo, è intelligente e dispettoso. La guardiana, in questo secondo video gradevolmente esplicativo, racconta di come la sua specie sia solita rubare le salsicce dai barbecue accesi, senza farsi particolari fisime di buon vicinato. Nei suoi paesi d’origine, benché molto amato per l’aspetto distintivo e particolare, viene considerato un essere invasivo. In natura, il kookaburra mangerebbe insetti o lucertole, senza comunque disdegnare l’occasionale topo, serpente o persino i pulcini di un altro volatile meno fortunato.
Ce ne sono quattro versioni: quello puntinato, di uno splendido color azzurro a pois bianchi; la variante dalle ali blu, molto meno aggressiva; c’è il più piccolo membro del team, il kookaburra detto “dal ventre marrone”; e poi c’è lui. Se sentite il verso, non disperate. Non è detto che vi sia toccato in sorte il temibile dacelo novaeguineae, ovvero l’essere sghignazzante che vediamo in queste due scene. Così ferocemente territoriale che non chiude mai il suo becco, tanto ama sentire la sua voce. La femmina è molto più grande del maschio. Si può anche addomesticare. Fallo, se hai coraggio!
Per noi abitanti della vecchia Europa, di questi tempi, risulta facile lamentarsi del continuo canto della tortora selvatica, che ci assilla col suo gemere insistente e ripetitivo. Però immaginatevi avere uno di questi nel cortile. Sarebbe come vivere di fianco ad Arkham, il manicomio criminale di Gotham City. E il Batman della situazione, affamato di carne cotta sulla brace, dovrebbe inseguire un Joker con le ali.

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