La mezza verità statunitense dell’ultimo buco prima della fine del mondo

La scoperta pubblica di un luogo può avvenire in molti modi ma senz’altro uno di quelli maggiormente inaspettati è l’ascolto di un programma radiofonico dedicato al “mistero”. Lo show serale Coast to Coast AM di Art Bell, nel caso specifico, rimasto celebre all’inizio degli anni duemila per le due occasioni in cui spettatori chiamarono tentando di far passare come reale l’intreccio narrativo dei videogiochi Half-Life e Fallout 3. Eppure anni prima di tali eventi, tra le numerose esperienze extra-corporee e incontri con alieni provenienti da mondi lontani, cavalcò quelle stesse onde elettromagnetiche la voce di qualcuno che, più di chiunque altro, si sarebbe dimostrato in grado di colpire la fantasia americana. Quel qualcuno era Mel Waters e la sua storia, attraverso una serie di tre interventi nel 1997, 2000 e 2002, sarebbe progressivamente diventata leggenda. Di quel tipo normalmente definito “metropolitano” benché non si dipani sempre, o necessariamente, tra le alte mura dei palazzi e le ordinate strade del contesto urbano. E certamente non in questo caso, trattandosi dell’eccezionale serie di eventi sperimentati in un luogo imprecisato presso Ellensburg, nello stato settentrionale di Washington, in mezzo alle montagne nebulose del Manastash Ridge. Dove a quanto pare il carismatico individuo, così egli ebbe a raccontare, possedeva il tipo di terreno auto-gestito che viene comunemente definito come un ranch, un po’ fattoria agricola, un po’ allevamento. Un po’ capanno del cacciatore. Luoghi pieni di segreti e norme comportamentali altamente contestualizzate, almeno a giudicare dalle numerose narrazioni fatte nel settore dell’intrattenimento narrativo contemporaneo, come un codice per così dire “particolare” dedicato allo smaltimento dei rifiuti. Ed in effetti, così inizia la saliente contingenza, pare che lo stesso Mel come anche i suoi vicini sul territorio avessero da tempo l’abitudine di gettare grandi quantità di spazzatura in un misterioso pertugio, sostanzialmente un’apertura circolare dal diametro di circa 3 metri situata al centro di una misteriosa radura, caratterizzata dalla presenza di una copertura di mattoni fino alla profondità di una mezza dozzina di metri. Del tutto priva di stranezze percepite almeno finché qualcuno, allarmato dalla maniera in cui gli animali sia domestici che selvatici sembrassero terrorizzati da quel luogo, non iniziò ad interrogarsi in merito a un fattore di contesto dalla portata importante: com’era possibile, esattamente, che il buco non si fosse ancora riempito? Quant’era profonda esattamente questa voragine, e chi l’aveva costruita?
Con uno stile dialettico accattivante ma impreciso, Mel proseguì quindi nella sua prima chiamata a descrivere gli strani eventi collegati ad essa. Il più intrigante dei quali, relativo a come una sua vecchia conoscenza avesse proceduto a gettare il corpo del suo cane recentemente defunto nell’oscurità, soltanto per vederlo alcuni giorni dopo vagare senza meta tra gli alberi, di nuovo vivo e vegeto nonché chiaramente riconoscibile grazie al collare e la medaglietta che aveva al collo. “Quindi, se tuo avessi una malattia incurabile” Chiese allora Bell, “Ti getteresti nel miracoloso buco che resuscita gli esseri viventi?” E senza un minimo d’esitazione: “Puoi scommetterci, amico. È scritto nel mio testamento, quindi, di sicuro ci vedremo dall’altra parte. O magari, anche no…”

Ciò che più di ogni altro passaggio dell’assurda conversazione sembrò interessare l’esperto intervistatore, tuttavia, fu l’applicazione di una sorta di metodo scientifico all’accertamento da parte di Mel della natura “infinita” del saliente wormhole boschivo. Essendosi egli ad un certo punto attrezzato con una lunga serie di lenze da pesca di 1.000 piedi ciascuna, legate assieme nella maniera in cui era solito fare anni prima “Andando a pesca di squali sulla costa Ovest.” Fino all’ottenimento attraverso una serie di tentativi di una singola fune lunga l’eccezionale cifra di 80.000 piedi, pari a 24 Km. All’estremità della quale avrebbe dunque legato un peso ad un pacchetto di caramelle Lifesavers, affinché esse potessero dissolversi al contatto con l’acqua, dimostrandone la presenza una volta che avesse nuovamente tirato a se l’armamentario. Il che avrebbe lasciato l’oggetto sperimentale del tutto integro, negando implicitamente la presenza prossima di un qualsivoglia tipo di fondale. Passarono tre anni mentre su alcuni forum di Internet la storia continuava a rimbalzare ed essere discussa, mentre si cercava in qualche modo di determinare la precisa posizione del buco di Mel. Allorché finalmente, in una nuova telefonata al programma radio, nuovo carburante venne gettato sul fuoco. Con un tono questa volta più ambizioso ed appassionato, il misterioso individuo aggiunse quindi le nozioni più “incredibili” dello strano luogo, tra cui l’avvistamento occasionale di ombre volanti (navi extraterrestri, ovviamente) che fluttuavano sopra l’apertura, forse scaricandoci qualcosa all’interno. O luci e coni d’ombra che s’irradiavano da esso, attraversando impossibilmente l’atmosfera terrestre. In un secondo esperimento con le lenze da pesca, inoltre, raccontò di aver inviato in profondità un cubetto di ghiaccio, il quale sarebbe ritornato alla luce del sole “Perfettamente integro, ma in fiamme”. Abbastanza da suscitare, nuovamente l’incredulità e curiosità degli spettatori. Attorno a quest’epoca venne fondato dunque il collettivo del forum di Mel’s Hole.com (ancora visionabile grazie all’Internet Archive) ove migliaia di messaggi si affollarono nel tentativo di creare una teoria ragionevole connessa a questo insolito racconto contemporaneo. Così che quando nel 2002 Mel fece la sua terza e ultima chiamata alla radio, raccontando di come le autorità statunitensi l’avessero preso in custodia, rubandogli la fibbia dei pantaloni, una preziosa moneta da collezione e togliendogli dei denti (!) per poi pagarlo affinché si trasferisse in Australia, la brava gente dello stato di Washington si dichiarò pronta ad andare in fondo alla questione. Seguì una spedizione di trenta persone, guidata niente meno che dallo sciamano per metà nativo americano Red Elk (Cervo Rosso) al secolo Gerald Osborne, famoso per il suo ciondolo ricavato da un pezzo di ferro facente parte di un UFO e le menzioni catastrofiste di un sogno in cui avrebbe visto, dopo svariate settimane di digiuno, la Terra sconvolta da terribili inondazioni e terremoti. Il quale, giurò, conosceva il buco di prima mano avendolo visto da bambino negli anni ’60, accompagnato da suo padre in una serie di spedizioni. Non che tale conoscenza pregressa fosse destinata a rivelarsi utile, visto come il gruppo avventuratosi, non senza pericolo, tra le montagne di Manastash nella direzione di alcuni quadranti offuscati su Google Maps finì per fare ritorno con le mani assolutamente vuote. Ed un contributo addizionale pari allo zero assoluto, per il campo di confine delle ricerche sotterranee interdimensionali.

La questione del buco di Mel colpisce dunque l’immaginazione perché appare sia pur remotamente possibile, pur nella sostanziale assenza di alcun tipo di prova tangibile tranne la narrazione del suo testimone innanzi al senso comune. Ciononostante, non mancano le problematiche fattuali in merito agli eventi per come sono stati raccontati, visto come l’ipotetica corda ultra-lunga calata da costui avrebbe avuto idealmente un peso minimo di 150, 200 Kg, potendo difficilmente riuscire a sopportare il suo stesso peso. Anche senza menzionare come le temperature terrestri, a tali profondità mai raggiunte (il pozzo super-profondo della penisola di Kola, in Russia, misura “appena” 12 Km) avrebbero senz’altro incendiato qualsiasi materiale combustibile immesso, a tale distanza dalla superficie pari a un terzo dell’intero spessore della crosta terrestre. È d’altra parte non così difficile da immaginare che il chiamante radiofonico in questione avesse sperimentato o conosciuto di seconda mano uno dei molti pertugi lasciati dalle miniere d’oro di questa regione scavate alla fine dello scorso secolo, e successivamente usato realmente come scarico “infinito” dei rifiuti, scegliendo poi d’usarlo come ispirazione per far correre in avanti la propria fervida immaginazione. Ma forse l’ostacolo maggiore alla credibilità della vicenda resta il seguente: nessun Mel Waters compare nei registri locali di Manastash, e nessuno dei sedicenti vicini menzionati si fece mai avanti, su Internet o altrove, per confermare il suo eccezionale racconto. Il che rende particolarmente conveniente, come spesso capita nel settore, l’introduzione del fattore cospirazionale nonché il presunto intervento governativo aggiunto nella terza telefonata, con possibile collegamento ai presunti segreti di stato custoditi nella vicina base militare di Yakima.
Ma non è sempre possibile scoprire, indipendentemente dal proprio ritardo, quant’è profonda la tana del Bianconiglio. Ogni qual volta l’ansioso individuo zoomorfo in doppio petto risulti semplicemente troppo rapido per essere seguito. Per poi tornare a palesarsi in mezzo agli alberi, apparendo ai nostri occhi stranamente… Cambiato.

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