“Ero spaventato ma non troppo. Maneggio ragni ogni giorno. L’acqua li manteneva in uno stato di torpore assoluto sulla mia mano.” Questo diceva l’esperto di entomologia Quaoar Power, e tutti sarebbero stati pronti a dargli ragione vista la quantità di registrazioni eccelse da lui pubblicate su YouTube. Se non fosse che i due piccoli soggetti dell’esperimento, nella fattispecie, appartenevano ad altrettante specie notoriamente pericolose degli Stati Uniti, o persino letali per l’uomo: la vedova nera (gen. Latrodectus) e il recluso marrone (Loxosceles r.) a noi più noto nella sua forma e accezione mediterranea, notoriamente denominata sulla base della figura a forma di strumento musicale in corrispondenza del cefalotorace. Un pericolo più che mai attuale, vista la pubblicazione di ieri presso diverse testate locali e nazionali relativa ad una nuova serie di avvistamenti, localizzati in modo particolare nei quartieri Ardeatina e Laurentina del sud di Roma. Sembra addirittura che si siano verificati anche una serie di ricoveri presso ospedali non meglio definiti. La cosa strana è che la notizia, per lo meno nella sua versione proposta e ripetuta dai quotidiani online, è molto vaga e sembra fare riferimento, in maniera specifica, soltanto a “un uomo di 59 anni che ha rischiato la necrosi del braccio”. Il quale non può che essere, a meno di straordinarie coincidenze, il vigile urbano di Trento che lo scorso aprile, mentre effettuava dei lavori di ripristino in casa, era stato morso in maniera del tutto indolore, riportando a distanza di un paio di giorni conseguenze terribili: un degrado di tessuti tale da far pensare a una possibile amputazione, oltre a un malfunzionamento sistemico di fegato e cuore che in breve tempo l’avrebbe certamente ucciso, se non fosse stato salvato all’ultimo momento dai medici esperti dell’ospedale della sua città. Un simile fraintendimento fa parte di uno specifico copione, spesso ripetuto anche su scala internazionale.
Ora, non sto certo affermando che la notizia sia fondata sul nulla: assai probabilmente, il caldo di questi ultimi giorni ha causato un risveglio di molte delle 1.534 specie di ragni classificate in Italia, inclusi gli esponenti delle due temute famiglie messe in mostra sulla mano dell’imprudente Quaoar: la malmignatta (vedova nera nostrana) e per l’appunto, il ragno violino. Ed è dunque possibile che alcuni malcapitati cittadini romani, incontrandoli all’interno di magazzini polverose o edifici poco percorsi dagli umani, siano rimasti feriti dai loro piccoli cheliceri grondanti una pericolosa necrotossina. Ma le ondate di avvistamenti a seguito di singoli morsi diagnosticati di un ragno tanto difficile da identificare, almeno negli Stati Uniti, sono un’occorrenza straordinariamente comune. Al punto che, secondo uno studio effettuato recentemente, dei 581 avvistamenti registrati in California nel corso dell’ultimo anno soltanto 1 era effettivamente un Loxosceles, per caso trasportato da una famiglia del Missouri assieme ai bagagli del proprio trasloco. In America, dunque, grazie a una pubblicazione dell’università di quest’ultimo stato, posto grosso modo al centro dell’areale del ragno, esiste un sistema mnemonico proposto ai medici del pronto soccorso contro il rischio di falsi positivi, che si basa sull’espressione NOT RECLUSE. Acronimo di quanto segue: Numero (la lesione dovrebbe essere soltanto una) Occorrenza (il paziente racconta una storia credibile) Tempistiche (aprile-ottobre è la stagione) Rosso (il centro della ferita non dovrebbe mai avere quel colore) Elevato (niente gonfiore) Cronico (dura da più di tre mesi) Largo (la necrosi deve essere circoscritta) Ulcerazione (normalmente è assente) Gonfiore (Swollen) e Produzione di pus (Exudative). Tutto questo per dire che, nell’assenza di due o più di queste condizioni, viene considerato altamente improbabile che ci si trovi di fronte a un caso clinico di loxoscelismo, la malattia causata dall’effetto del veleno di questi ragni piccoli, ma pericolosi. Aggiungete a ciò il fatto che il loro morso risulti essere del tutto privo di dolore immediato, rendendo altamente improbabile che il paziente abbia la prontezza e presenza di spirito di uccidere l’artropode, portandolo con se dai dottori, ed avrete chiaro uno scenario particolarmente favorevole per la costituzione di scenari di frenesia collettiva. Come ampiamente veicolati da un certo tipo di giornalismo tipico del web, soprattutto in un contesto operativo anglosassone e statunitense. Mentre l’aspetto preoccupante della nostra ultima notizia è che in effetti, l’Italia presenta una situazione climatica relativamente uniforme, del tutto adatta al diffondersi e prosperare della specie nostrana, il Loxosceles rufescens, che pur essendo stato poco studiato rispetto alle controparti d’Oltreoceano, viene generalmente considerato meno pericoloso, almeno nei soggetti non debilitati o che non presentino predisposizioni particolari. Il che, d’altra parte, poco importa visto che l’unico modo per sapere se si fa parte del circa 37% della popolazione che sviluppa lesioni necrotiche, o il 14% che riporta condizioni cliniche ancor più gravi, è mettere letteralmente a rischio la propria salute o sopravvivenza.
Un importante ostacolo all’identificazione corretta del ragno violino resta, inoltre, l’esistenza di numerose specie simili e non nocive. Il che, considerato una lunghezza complessiva che raramente supera il centimetro ed il fatto che persino il disegno sul dorso che gli da il nome (comunque poco visibile) non sia affatto determinante, rende assai difficile poter affermare con certezza che la creaturina che si ha davanti appartenga alla specie in questione. L’unico modo sicuro, nel frattempo, sarebbe contare gli occhi dell’animale, che sono soltanto sei contrariamente agli otto di tutti gli altri aracnidi, benché sia ragionevolmente difficile immaginare che una persona comune abbia il tempo o l’istinto di farlo. Occhi che, per la cronaca, sono disposti in tre coppie perfettamente equidistanti, contrariamente al recluso americano in cui si trovano distanziati diversamente. Non che questo comprometta, in alcun modo, la loro capacità d’identificare la preda a cui danno la caccia durante le ore notturne…
Se il ragno violino o recluso che dir si voglia costituisce un pericolo, dunque, ciò è dovuto principalmente alla sua notevole capacità di proliferazione. Come lascia intendere la traduzione del suo nome anglofono (che potrebbe anche essere inteso come “eremita”) si tratta infatti di una creatura estremamente timida e poco aggressiva, che tende a trovare rifugio sotto i mobili, dietro gli zoccolini o i quadri, nei recessi più remoti delle cantine. Molto amato pare inoltre essere il cartone, a causa della sua vaga somiglianza con la corteccia sotto la quale fanno in natura i propri nidi. Un problema certamente significativo, nell’epoca delle spedizioni continue per corrispondenza! I suoi cheliceri (arti boccali simili a zanne) sono inoltre particolarmente poco estesi, ragione per cui il ragno incontra grosse difficoltà a mordere gli umani anche in situazioni indotte in laboratorio, corrispondenti grossomodo allo scenario incontrato dal vigile urbano di Terni, che aveva appena messo le mani all’interno di un sacco di gesso eletto dall’aracnide a propria abitazione familiare. Altri casi tipici sono quelli in cui l’animale resta bloccato tra la stoffa di un capo di vestiario e la pelle umana, oppure il lenzuolo durante le ore notturne. Il problema principale resta essere tuttavia che una femmina di questa famiglia, ivi inclusa la specie mediterranea, tende a produrre svariate sacche di uova nel periodo che va tra maggio e luglio, con circa 50 uova ciascuna. Basta aggiungere a ciò la propensione tutt’altro che migratoria di questo intero insieme di ragni (essi restano nell’ombra e nel sottosuolo, non praticando alcuna forma di balooning a differenza della vedova nera) per profilare uno scenario in cui interi edifici vengono letteralmente invasi da colonie assai numerose, costituendo un rischio notevole per gli utilizzatori o passanti occasionali. All’inizio di luglio ha fatto notizia la storia di una donna di Brentwood, Tennessee, che è stata punta più volte dopo che la sua stanza da letto è stata invasa da una quantità stimata di circa 50 ragni violino, necessitando l’intervento immediato di una ditta di sterminio, che possiamo immaginare soltanto armata di bombole d’insetticida ed almeno un paio di lanciafiamme. Danno a cui si è aggiunta la beffa, e poi la bega legale, di un proprietario che gli ha richiesto il costo intero dell’intervento, per l’ammontare di circa 2.200 dollari. Detto ciò nella sfortuna, la protagonista della vicenda non si è almeno rivelata tra i soggetti particolarmente vulnerabili a questo veleno, evitando gravi conseguenze o la compromissione del proprio stato di salute, con conseguenze finanziarie prevedibilmente disastrose nel suo paese.
Nel caso di morso accertato, d’altra parte, non sono molti i trattamenti specifici a nostra disposizione. La stessa dottoressa Francisci dell’ospedale di Terni che si è occupata di seguire il caso del vigile urbano, intervistata durante il programma Rai de “La vita in diretta” su quali fossero le misure da prendere sull’immediato, si è limitata a raccomandare il trattamento dall’area colpita con acqua e sapone, per poi recarsi subito in ospedale, dove idealmente sarebbero stati somministrati degli antibiotici ad ampio spettro. Per quanto concerne invece la necrosi localizzata nel punto della ferita, al di là di trattamenti sperimentali dall’efficacia discussa come l’applicazione di ossigeno iperbarico, antistaminici o vasodilatatori, sono ben poche le misure in grado di ridurre l’afflizione del paziente morso dal ragno. Il quale viene più che altro aiutato a sopportare il dolore finché il corpo guarisce naturalmente, non senza restare segnato, purtroppo, da un’orribile cicatrice. Mentre la contromisura più efficiente, come spesso capita, resta più che altro la prevenzione. Si consiglia ad esempio nelle zone a sospetta presenza di ragni violino di sigillare per quanto possibile crepe, fori di accesso per l’impianto elettrico o fessure attorno ai condotti idraulici e non lasciare mai buste con la spazzatura nel proprio cortile. In casi estremi, si dovrebbe allontanare il letto dal muro e rimuovere tutti gli oggetti che ci sono sotto, mentre una contromisura variabilmente efficace è l’impiego di insetticidi. Questi ultimi infatti, a cui spesso gli aracnidi risultano immuni, tendono effettivamente a privarli di ogni possibile fonte di sostentamento artropode. Ma il ragno violino presenta l’invidiabile capacità di poter sopravvivere anche svariate settimane, estendibili a mesi interi grazie a una condizione autoindotta di omeostasi simile all’ibernazione.
Che il ragno violino stia effettivamente colonizzando i quartieri sud di Roma, o meno, dunque non è tanto facile da confermare. Sopratutto con le poche notizie approfondite che ci vengono offerte sul web. Resta comunque certo che l’intera città, come del resto la penisola, si trova in un’area storicamente colonizzata da questi piccoli e insidiosi esseri, come pure che il loro morso ai danni degli umani, per nostra fortuna, resta relativamente raro. È altrettanto possibile, d’altra parte, che il prospetto a cui ci troviamo innanzi sia quello di una delle tipiche ondate di falsi positivi, che tanti sopraccigli hanno fatto alzare nel corso delle ultime generazioni nel paese degli hamburger e dell’apple pie.
Detto questo, l’unico consiglio a cui la logica può condurci è il seguente: prestare sempre la massima attenzione quando si mettono le mani in luoghi poco familiari. Notare i morsi d’insetti o aracnidi inaspettati, per quanto apparentemente privi di dolore sull’immediato. E se qualcosa sembra andare per il verso decisamente improprio, correre subito al pronto soccorso, possibilmente con il ragno schiacciato dal tacco della scarpa in un pratico barattolino da asporto. Di certo, è un peccato far perdere tempo a medici e infermieri specializzati nel caso in cui la propria preoccupazione risulti essere immotivata. Ma le conseguenze di un’eccessiva leggerezza, in questo caso specifico, possono essere di gran lunga peggiori.