Il grande durian spinoso non ha un odore tanto orribile. È soltanto incompreso, perché eccezionalmente efficiente in ciò che fa. Ovvero, fin dall’origine della sua specie: attrarre gli animali da notevole distanza, affinché mangino la polpa di quel frutto, assumendo assieme i semi che poi troveranno nuovi lidi ove attecchire, ad eterno rinnovamento di questi alberi dalla corteccia scura e fessurata. Uno di questi giganti verdi può vivere per centinaia d’anni, crescendo fino a ben 50 metri. E con simili cifre, è davvero difficile passare inosservati. Così, chi lo ama, chi lo odia, persino nei suoi paesi d’origine, la Malesia, il Brunei e l’Indonesia. Mentre nelle Filippine, da tempo permane la disputa sul fatto che gli alti arbusti della regione di Davao, in grado di crescere senza l’aiuto degli umani, fossero lì da sempre, oppure il frutto di un’importazione antica. In effetti il durio è una pianta piuttosto resistente, a patto di piantarla nel suo ambiente strettamente tropicale, sarebbe a dire, in cui la temperatura media non scenda mai sotto i 22 gradi. E chi ha imparato ad apprezzare il gusto di ciò che produce, fin da tempo immemore, quei fusti e rami li ha ibridati in cento modi, con loro stessi a far da controparte, come gli appartenenti ad altre famiglie vegetali, che potessero in qualche maniera dargli benefici, come l’immunità da infezioni parassitarie, oppure un frutto che matura in tempi più lunghi, quindi maggiormente adatto all’esportazione. Non che siano molti i paesi, in questo vasto mondo, in cui la gente abbia il coraggio d’assaggiare una simile delicatezza, come esemplificato dagli innumerevoli episodi fallimentari di “prova di coraggio da durian” o “sfida del durian”. Le cui conseguenze ultime, piuttosto spesso, sono versi e conati apocalittici, seguiti da copiose esclamazioni di disgusto.
Come questo breve show, uno degli ultimi sull’argomento, proposta dal grande hub multimediale di Buzzfeed. In cui un certo numero di coppie, poste a tavola con quello che i malesi chiamano il Re dei Frutti, tutto fanno tranne che rendergli onore, tra smorfie disgustate, gesti di stizza e scrosci di risate nervose, seguite timidi bocconi della pietanza, in questo caso, punitiva. Questo perché la prima e più terribile caratteristica del durian, almeno stando allo stereotipo perennemente ripetuto, è l’odore indescrivibile, simile alla trementina ma occasionalmente descritto come funghi, formaggio, cipolle mature (quando va bene) oppure uova marce, eau de WC, calzini, stallatico fumante (nei casi , ahimé, più frequenti). Ad ulteriore riconferma della situazione, pensate che la stessa varietà maggiormente apprezzata dell’albero, che poi è anche l’unica soggetta ad esportazione dei frutti, risulta denominata scientificamente come D. Zibethinus e non soltanto, come si potrebbe pensare, perché ne va matto lo zibetto, piccolo mammifero di simili foreste. Bensì perché qualcuno, con un senso dell’orrido piuttosto sviluppato, pensò all’epoca di associargli il discutibile olezzo della bestiolina; il che, quando ci si ricorda che lo zibetto è imparentato con la puzzola, aiuta a comprendere l’entità dell’esperienza sensoriale di simili coraggiosi gastronomi, espiatori sperduti nelle lande desolate del gusto. Un gusto che…Beh, potrete immaginarvelo. É altrettanto polarizzante. Tanto per citare due personaggi famosi della TV americana, ne va pazzo ad esempio Anthony Bourdain che, avendolo fagocitato durante il suo viaggio in India, l’ha descritto come “Un qualcosa di indimenticabile, difficile da decrivere […]” Mentre Andrew Zimmern, il conduttore di Bizarre Foods (Orrori da Gustare), si è sempre rifiutato di mangiarlo. Il che, visto che stiamo qui parlando di un uomo che ha divorato con appetito inesauribile ogni sorta di insetto, verme, testicoli di bestie di ogni dimensione e addirittura un cuore di cobra pulsante… Chiarisce…Qualcosa. Ma forse non ciò a cui state pensando: questo frutto in fondo, amato dalle moltitudini di un’intera metà del mondo, non può certo essere COSÌ tremendo. La realtà dei fatti, come spesso capita, deve risiedere da qualche altra parte.
Osservate, per comparazione, questa scena di sapiente maestria artigiana, della ristoratrice cinese Su-Mei Yu che dimostra per il portale Specialty Produce quale sia l’unico modo giusto di tagliare e preparare il frutto in questione, con una serie di gesti chiaramente, collettivamente ignoti alla maggior parte dei “coraggiosi” assaggiatori occidentali. Il primo espediente, fin troppo stesso ignorato, è quello di dotarsi di una presina per mano, onde maneggiare propriamente il grande globo, che può raggiungere i 15 cm di diametro, completamente ricoperti di bitorzoli spinosi. Pur non essendo ostile al tocco quanto il fico d’india, infatti, il durian è certamente più grosso e pesante (fino a 3 Kg) oltre a presentare una buccia piuttosto coriacea, in grado di sconfiggere un semplice coltello da cucina conforme, per così dire, all’entry level. La signora già ne usa infatti uno piuttosto grande, ma non è insolito, nei paesi d’origine, vederne impiegati di ancora più impressionanti. Per inciso: volendo fare un buon lavoro, non è sufficente ricorrere alla mera forza bruta. La parte commestibile del frutto, infatti, si trova racchiusa in quelli che vengono definiti per convenzione (seed) pods, benché siano tutt’altro che baccelli. Ma piuttosto dei segmenti carnosi, disposti per ciascun settore del frutto, ciascuno fornito di un grande seme ovoidale. Anch’esso commestibile, se cucinato adeguatamente, mentre non lo sono in alcuna maniera le pareti divisorie tra un segmento e l’altro. Per questo, l’apertura esige precisione. Dopo aver rimosso il grande piccolo, Su-Mei vibra alcuni poderosi colpi, esattamente al centro della linea divisoria, identificabile all’occhio esperto anche dall’aspetto della buccia. Quindi, ricavata l’indentatura, apre il frutto facendo perno con le dita, riuscendo ad ottenere una serie di bocconi già pronti per la tavola, oppure da tagliare a fette, come fa lei, per l’impiego in uno dei molti piatti e dolci asiatici basati sulla polpa odorosa. Purtroppo, nel finale, si trova ad ammettere come il frutto impiegato per la dimostrazione fosse tutt’altro che maturo, come evidente dalla sua solidità eccessiva. Idealmente il durian dovrebbe essere tenero quasi come una crema, e mangiabile al cucchiaio, mentre questo…Sembra quasi melone! L’aggiunta finale di una certa dose di latte di cocco basterà, forse, a renderlo comunque attraente.
La realtà su quanto sia davvero orribile il gusto del durian resta un mistero di Internet, noto unicamente a chi l’ha fisicamente messo in bocca e masticato. Questo perché per ogni commento positivo, non importa quanto sentito, aleggiano dozzine di critiche appassionate, disquisizioni disinformate sulla presunta oscenità di questo pegno del distante Oriente. Particolarmente degna di nota potrebbe risultare invece, a mio parere, la qui presente ed ennesima sfida del popolare REACT channel, in cui la mitica pietanza viene somministrata in bicchiere, priva di evidenti abbellimenti ulteriori, al solito gruppo dei bambini usati come piacenti cavie per il pubblico ludribio, nutriti a seconda dei casi con ogni sorta di stranezza gastronomica. I quali, prima di tutto, risultano molto più educati degli adulti di apertura, risparmiandoci molti degli orridi versi gutturali e sputi vari. Ma soprattutto, assaggiano il frutto senza eccessivi preconcetti, mandando giù la polpa in assoluta oggettività. Così succede che qualcuno, fra di loro, finisca (impossibile!) per apprezzare il durian, con uno di loro che giunge a definirlo: “Un’unione tra mele, ananas, pesche, susine e varie altre cose…” mentre una sua compagna finisce per dargli “10 su 10!”. Alla fine, la valutazione si chiude con un fallimentare, ma tutt’altro che unanime, 3 a 5 per il no.
Dovremmo, quindi, accontentarci del sentito dire? O piuttosto avventurarci tra l’insolito, come fece nel XIX secolo il naturalista inglese Alfred Russel Wallace (1823 – 1913) il primo occidentale che descrisse il gusto del frutto come “Simile a una crema da pasticceria alle mandorle, con occasionali richiami al formaggio o alla cipolla” soprassedendo convenientemente sull’odore, per concludere che l’assaggio del durian fosse “Un’esperienza irrinunciabile per chiunque viaggi in Oriente.” E che: “Più ne mangi, meno riesci a smettere” (Ma qui stiamo quasi sconfinando in una sorta di marketing da ufficio del turismo ante-litteram). Ricordatevi comunque, se doveste passare da quelle parti, che l’apprezzamento del durian fresco è proibito in molti luoghi pubblici, principalmente in funzione del suo aroma penetrante. Un po’ come avviene per i sigari cubani.
Recentemente tornato da Davao City dopo aver completato la burocrazia del nostro matrimonio. Sono un divoratore di Durian che ho etichettato come (parlo personalmente) il piu’ buon frutto mai assaggiato da sempre. Ne ho mangiato anche due in un giorno e con fatica mi sono imposto un limite. Certo, le esagerazioni sul Durian sono una questione reale, in fin dei conti gorgonzola ed altre pietanze non scherzano in quanto forti odori.
A proposito, Russel Wallace aveva anticipato Darwin nella sua ipotesi della selezione naturale quale motore dell’Evoluzione, ma tutto il “merito” e’ andato a Darwin. Russel Wallace era un convinto fan dello spiritismo e sosteneva la fondatezza delle credenze pagane che con gli spiriti degli antenati si potesse e dovesse “comunicare”. (Personalmente sono un Creazionista e non credo in Darwin ne’ in Wallace Russel cioe’ nelle teorie dell’Evoluzione, tanto meno nello spiritismo, dove gli “spiriti” sono piuttosto demoni travestiti).