In fondo batarang non è che un nome e l’uomo pipistrello, prima di decidere di fare il giustiziere, era un primato, mica un chirottero notturno. E come tutti, nei casi in cui il bisogno usava palesarsi (tra l’alba e il tramonto del mattino preistorico ideale) andava pure a lui a cacciare, fra le siepi, oltre i colli erbosi tipici del centro cittadino, conigli, canigli, semplici consigli: ovvero come fare, signora tecnologica sulla panchina, se da orfano miliardario con problemi nel controllo della rabbia contro i criminali, un giorno assiste ad uno scippo, ma fuori della portata del proprio pugno aculeato, nero e intabarrato di rabbioso accanimento? È una storia vecchia quanto il mondo. E come tutte quelle cose, così talmente insite nel profondo dello spirito pensante, benché superata tende inevitabilmente a ritornare.
Nello sport, nell’intrattenimento. Perché no: persino nella cultura (moderna) di simili cose concepite al fine di suggestionare il movimento, senza indurre inutilmente le popolazioni dei fruitori, utenti, figli e genitori, ad uscire fuori dall’ambiente casalingo. Simulazioni digitali di battaglie senza tempo, ludismi riproposti nella forma e nel colore: l’eroe che cavalca con lo strascico nel vento, lungo mantello fiammeggiante, in pugno può tenere molte cose differenti; spada, mazza-coltello, frusto-dardo temerario. Ma talvolta, e sono poi queste le migliori volte, dispone al fianco di un aiuto inanimato, l’assistente senza sangue ne cervello, che non è un falco, non è un cane oppure un lupo, né altra bestia naturale. Bensì quel meta-droide costruito in officina per assisterlo in battaglia: l’arma quasi-pensante. Come un funnel schierato dai piloti dei mezzi robotici venuti dal Giappone. Come una sfera luminosa, fluttuante a 26 centimetri dal magico bastone di un canuto strego-barbo tolkeniano. Come lui, l’astruso, inusitato wo-mur-rang, la “ELLE” rovesciata (o “VU” davvero molto arcuata) di cui si racconta per la prima volta, nelle variegate memorie degli uomini cosiddetti bianchi, in un resoconto scritto dagli agricoltori della colonia di Farm Cove (l’odierno Port Jackson) sita nell’allora nuovo, nuovo-errimo dei continenti. Australia, terra di canguri o almeno ciò si dice. Ma ecco, dovessimo pensare, incitati in fase d’interrogatorio all’aeroporto, ad un secondo simbolo di quel paese, subito rimanderemmo il nostro repertorio immaginifico, l’inconscio collettivo, a quel distante giorno del 1804. Quando a Dicembre in piena estate guarda caso e così è scritto, le tribù native degli aborigeni intavolarono una cortese diatriba tra di loro, in merito ai confini condivisi e relativi armenti. Culminante, come tanto spesso capita, in uno scontro nella valle designata, con abbondare di mazzate, calci e pugni, colpi ben vibrati. Finché non emerse dalla mischia un certo Bungary, tale abitante che ivi è descritto come estremamente”distinto ed educato” a stagliarsi contro il sole, sfoggiando un curioso dispositivo assai probabilmente fabbricato in legno o in osso di balena, descritto dai presenti come “simile a una scimitarra turca”.
Seguì una leggera flessione del polso ma rapida come un volo d’uccelli, poi l’arma che sparisce dalle mani e vola innanzi a una distanza approssimativa di 30 yarde (27 metri) colpendo un avversario al braccio, quindi rimbalza e continua la sua corsa, per oltre il doppio della strada già percorsa. Il botto emesso da una tale unione momentanea, di guerra e marziale avvenenza, sotto lo sguardo di diverse civiltà, in certo senso ancora riecheggia nello scibile del diversivo qui rappresentato.
Il segreto nel comprendere il ruolo ricoperto dal boomerang nelle vicende umane è partire dal presupposto che un simile arnese non è poi così difficile da realizzare. Può anzi palesarsi addirittura per sbaglio, mentre si cercava di costruire tutt’alro. Il che non significa, naturalmente, che acquistare il proprio da un produttore specializzato come Vic, della Boomerangs by Vic, non porti ad immediati e ben tangibili vantaggi. Prima di tutto, relativi al materiale usato: puro legno di betulla della qualità migliore. E poi si paga l’inventiva referenziale: dico, vuoi mettere? Lanciare una versione sovradimensionata dell’arma simbolo del cavaliere della notte, piuttosto che boomerang famosi, come quello nintendiano della serie Zelda, oppure il sette sghembo e bluastro usato dai nativi del pianeta Avatar, così amato dai nostalgici dei tempi coloniali…Una cosa che lanci via di proposito, eppure non perdi mai. Praticamente, un investimento!
Le genti aborigene d’Australia disponevano, per inciso, di almeno due tipologie di boomerang: ritornante e pensato per il volo diretto. Il secondo tipo, che colpisce molto meno la nostra fantasia nonostante la sua maggiore preminenza e utilità, era sostanzialmente la versione locale del bastone da lancio, una delle prime armi preistoriche impiegate dagli uomini per cacciare. Un oggetto attentamente bilanciato per volare mantenendo un movimento rotativo, che accentuasse la potenza dell’impatto contro l’animale o il povero malcapitato, con ottime probabilità d’infliggere lesioni anche piuttosto gravi. Finché non avvenne, un giorno molto fortunato, che i suoi utilizzatori scoprissero una curiosa implicazione del dispositivo, ovvero l’effetto della precessione giroscopica (a volte basta l’empirismo, per capire il mondo delle cose).
Essenzialmente avveniva agli aborigeni, nel caso in cui le loro armi da lancio fossero sufficientemente aerodinamiche, una delle due estremità ruotasse verso il senso del movimento dell’intero oggetto, mentre l’altra generasse portanza…Esattamente in contrapposizione. Ciò dava luogo, come ancora avviene, ad una particolare traiettoria curva, che se accentuata con un lancio ad arte e possibilmente l’aiuto di un vento contrario, garantiva un ritorno garantito verso il punto di partenza. Assolutamente incredibile. Ed utile in diversi modi: immaginate di stare tentando di colpire degli uccelli al volo, per mangiare finalmente verso sera, oppure perché stanchi delle acute grida del dispettoso kookaburra australiano, e di sapere con certezza pressoché assoluta che i vostri primi due, tre, cinque lanci possano andare a vuoto. C’è una bella differenza, a non dover correre ogni volta per recuperare l’arma…
Ci sono diverse altre teorie su quali fossero gli usi designati del boomerang nel campo sempre rilevante della caccia. Secondo alcuni antropologi, quest’arma era ideale per l’impiego contro i grandi mammiferi o gli uccelli corridori come gli emu, che distratti dalla traiettoria apparentemente inesatta dell’oggetto, resterebbero perplessi quanto immobili ad attendere l’impatto della fine. Altri hanno teorizzato che il rumoroso roteare dell’arma sopra un branco di uccelli in volo avrebbe ricordato a questi ultimi il battito d’ali di un rapace, portandoli a fuggire in basso verso il suolo, dove furbe reti già piazzate in precedenza si occupavano del resto. E quindi via, verso nuove avventure! È del resto ragionevole, a pensarci, che antiche tecniche di sopravvivenza e combattimento, ormai del tutto superate, continuino ad affascinare l’uomo del contesto contemporaneo, così abituato a procacciarsi il cibo nel rassicurante e per nulla selvaggio ambiente del supermercato. Ma il boomerang, per tutti i pipistrelli! (“La cui carne bianca, ci ricorda la voce narrante degli ormai lontani anni ’70, è delicata e più dolce di quella di un coniglio”).
Nella rappresentazione popolare di quest’arma, ricorrono esagerazioni straordinarie. Con protagonisti, tanto spesso in calzamaglia, che paiono dotati del potere mistico della telecinesi. Quando tradotto nella sua manifestazione idealizzato, un boomerang diventa micidiale e inarrestabile, nonché magicamente in grado di tornare al suo padrone, attraverso porte, muri e ostacoli di vario tipo. Dovendo quindi procurarsene o costruire un esemplare, diciamo per studio, cosa c’è di meglio…Che ispirarsi a uno degli innumerevoli design proposti nel mondo dei videogames qui citati? Qualunque sia la Vs. esimia preferenza, niente paura, Vic ha ciò che fa per voi. Ricordatevi soltanto di non lanciare mai l’arnese in orizzontale, come se teneste in mano un frisbee e soprattutto di non tentare di recuperarlo nel caso in cui stesse tornando in questa specifica e pericolosa configurazione. Le eventuali conseguenze, a quanto dicono, sarebbero nefaste…