Senza paracadute dentro alla carsica dolina blu

Underwater Base Jump

Esplorazione vuol dire movimento, di chi punta la prua verso la curvatura dell’orizzonte, come pure quello in senso verticale, oltre la tradizionale geografia. L’astronauta di un veliero futuribile, sospinto dalle irradiazioni cosmiche, viaggerebbe verso l’infinito senza utilizzare mappe planetarie bidimensionali, ma con la certezza di una chiara direzione: l’alto matematico, ovvero l’allontanamento dall’amata Terra. Quel gesto verrebbe misurato, per convenzione, in metri di distanza dalla superficie stessa dell’Oceano. Qualcuno, prima o poi, un simile vascello lo progetterà, chissà come! Però nel frattempo, muovendosi da  quello stesso punto di partenza, certi viaggiatori s’immergono all’ingiù, senza troppe considerazioni tecnologiche particolari. Sono i freedivers, coloro che praticano l’immersione intrepida in apnea. Oltre la rigida corazza di un comune palombaro, superando il pericolo d’incorrere in frequenti decompressioni, soprattutto vista l’assenza delle bombole.
Fra loro, il protagonista di questo impressionante video è Guillaume Nery, l’esperto tuffatore che in occasione di una competizione di settore si è dedicato a dimostrare una delle più famose associazioni, quella tra il nuoto, ed il volo. O per meglio dire: la libera caduta, con tanto di terribile accelerazione verso la velocità terminale. Anche questa è esplorazione, sebbene realizzata grazie a qualche trucco di regia, ed al servizio di una metafora, per giunta. Nascosta in fondo a un buco senza limiti, per lo meno all’apparenza:  il Dean’s Blue Hole, dolina carsica* sita in una baia ad Ovest della ridente Clarence Town, popolare destinazione turistico-esterma delle soleggiatissime Bahamas. Un ambiente mai toccato, da che mondo è mondo, dalla chiara luce di una stella. L’abisso della perdizione? Sarà sicuramente familiare, ai più, il concetto del fenomeno dei buchi neri, recentemente messo in dubbio dal grande fisico Stephen Hawking (avrà avuto valide ragioni) ovvero degli astri collassati su se stessi, talune anomalie iper-gravitazionali tanto forti, così inarrivabili, da poter attrarre cose di ogni tipo. Nulla sfugge a tali pozzi, neanche un solo velocissimo fotone; tanto meno, ipoteticamente, lo farebbe quel veliero, con sopra l’astronauta. Ed è questo il cruccio del mistero: se tale foro, come la dolina carsica delle Bahamas, ha un diametro preciso, che si ritente assai ridotto, come mai non è soggetto a crescita costante, mano a mano che divora la Galassia? Ciò che assorbe, compresa quella nave di ventura, da qualche parte deve andare. Se c’è una porta, deve pur esserci una stanza. Ad ogni scala corrisponde un primo piano.
Buchi neri e buchi blu. Nel secondo, in questo caso, è penetrato un altro esploratore, antesignano di un distante mondo, scomparendo dallo sguardo e dall’orizzonte degli eventi. Da qualche parte, alla fine, dovrà pur essere sbucato.

*Una dolina marina, o per usare il termine anglofono, un blue hole, è una caverna verticale, di forma pressappoco circolare, che si è formata a seguito delle grandi glaciazioni pleistoceniche, per l’effetto delle infiltrazioni. I fenomeni carsici, costruttori di ogni tipo di valle più o meno emersa, sono spesso dovuti alle precipitazioni atmosferiche sulla roccia, persino quelle, come in questo caso, penetrate attraverso le profondità abissali. Tali cavità sommerse, piuttosto rare, sono famose per la scurezza bluastra delle acque al loro interno, in grado di creare il più incredibile contrasto con quelle circostanti,  che a loro volta le sovrastano come un azzurro cielo. La linea divisoria tra i due fluidi viene detta l’aloclino.
Tali luoghi si trovano,  generalmente, presso le coste del Belize, nel Guam, in Australia ed in Egitto, ed altre zone sedimentarie della tipologia chiamata piattaforma carbonatica. Il Dean’s Blue Hole, in particolare, è il più profondo del mondo, almeno tra quelli che abbiano l’ingresso sommerso: 202 metri di stretto pertugio, che si allarga verso il fondo, quasi totalmente oscuro, gelido e privo di vita. Anticamente, si ritiene, bizzarri pesci vivevano tra quelle alte mura, dentro a diramazioni trasversali, come formiche, nascosti tra la sabbia ed il pietrisco. Oggi vi restano solo i batteri più resistenti, in totale solitudine. Ed occasionalmente, va da sé, qualche coraggioso individuo, alla ricerca della storia del suo sport. Tra gli spericolati che s’immergono per piacere, sempre alla ricerca di un primato, questa caverna è una sorta di Nirvana, cui accostarsi con timore reverente. Nell’aprile del 2010 William Trubridge vi s’immerse per 92 pazzeschi metri, senza altro ausilio che le sue stesse mani nuotatrici, stabilendo il nuovo record mondiale di freediving. Nicholas Mevoli nel 2013 perse qui la vita, moltissimi minuti dopo aver effettuato l’ultimo respiro. Aveva già raggiunto l’altezza inversa di un enorme grattacielo, di quelli usati per praticare il base jumping, senza bombole, quasi con le ali.
L’avventura di Guillaume Nery, come lui stesso dichiara sul suo blog, non è pura verità: nessuno ha mai raggiunto il fondo del Dean’s Blue Hole, tanto meno l’ha poi riscalato a mani nude, in apnea, come un rocciatore. La realtà è diversa. Trascorrendo alcuni giorni in quell’ambiente insieme alla sua ragazza, dotata di videocamera e capacità d’usarla, finalmente ci dimostra come sarebbe stato farlo. Giungere sul ciglio dell’abisso, fare un passo innanzi e poi lanciarsi, come un paracadutista, verso un suolo lontanissimo. Raggiungerlo, persino. Acqua ed aria, terra e fuoco, non sono che interfacce. Ciò che conta è l’immaginazione.

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