L’occhio metaforico del galliforme, che sa contare fino a 20 e non dimentica mai un pulcino, qualunque cosa accada. Del processore di ultima generazione possiamo farne a meno. La batteria non ci è così essenziale. Applicazioni, giochini? Sono per chi ha tempo da perdere. A noi basta che il cellulare faccia le telefonate e…Le foto. Alle soglie del futuro, non c’è un solo gadget da taschino che sia privo di questa funzionalità, né un produttore che trascuri l’essenziale finestrella mangiatrice di fotoni, quell’obiettivo (con lente) che dovrebbe trasformare ogni uomo di strada nell’artista dell’inquadratura, drago dei social network e regista internazionale dell’orrido filmino delle vacanze. Il bel risultato, alla fine, resta come testimonianza per i posteri, sotto gli occhi di noi tutti vittime innocenti. Sequenze sbilenche, soggetti fuori fuoco, scene scurissime perché inquadrate controluce e così via. Per questo c’è il caso che qualcuno, prima o poi, trovi quel sacro Graal; un sistema automatico, immune agli errori più comuni, che possa rendere indimenticabile ogni singolo momento giudicato, a torto o ragione, come degno d’essere inviato ai nostri posteri, dell’oggi e del domani. Lo strumento cinematico che fa da se. La macchina fotografica su cui puoi contare, sempre, comunque! L’ultima a provarci, dopo Apple con le sue pur valide soluzioni software, sarebbe poi lei, la major coreana LG, tramite il sistema basculatorio dello smartphone G2, denominato con l’appellativo fascinoso di GALLUSCAM.
Tutto inizierebbe, secondo l’esauriente video-presentazione, nello scarno garage di Dave, cameraman professionista. Il genio, come chiaramente enunciato nell’accattivante slogan di supporto “Great ideas are everywhere” non fuoriesce sempre dalle grandi officine o dagli altri luoghi frequentati dal gotha sublime dell’ingegneria. A volte può anche provenire da chi sa far di necessità, virtù. Così Dave, che s’interessa di motociclismo, ciclismo, paracadutismo, motoscafismo e innumerevoli altri -ismo, aveva un problema. Come garantirsi l’immagine più stabile che memory card possa ospitare, onde aumentare il più possibile le visite al suo portale web. Finché non ebbe questa piacente idea…
Vero punto fermo di ogni spot pubblicitario risulta essere, il più delle volte, lo strumento dell’allegoria. Persino nell’epoca del web, in cui la lunghezza dei messaggi non è più vincolata dai limiti del budget, occorre saper essere diretti, stringati, catturare l’attenzione del pubblico in una o massimo due battute significative. Si costruisce, quindi, un paragone. La forza della tigre! La scaltrezza della volpe! La stabilità residenziale… Della tartaruga! Il c- della balena! Tutti conoscono gli attributi principali delle bestie più comuni, generalmente amate fin dalla più tenera età. Si cerca, per quanto possibile, di differenziarsi: del resto, di varietà virtù. Armadilli, bradipi, ornitorinchi. Tutto diventa un ottimo metro di paragone, per meglio enunciare qualche qualità costruttiva designata. Al povero pollo, però, nessuno pensa mai. Poteva in effetti sembrare che questo animale, tanto mansueto, inoffensivo, nato praticamente per essere mangiato, non fornisse nessun valido spunto di riflessione. Finché un saggio (Dave cita fugacemente il suo collega internettiano), da qualche parte, non si è accorto di una cosa. Ovvero, che se prendi un pollo, quando muovi il corpo, la testa resta ferma. Da lì, apriti cielo. Per prima ci è arrivata la Mercedes, che l’ha usato come pietra di paragone per i suoi sistemi d’ammortizzatori. E per secondo, così sembra, il reparto marketing con l’incarico di supportare questo innovativo cellulare, mente creativa del colosso dell’elettronica Sud-Coreana.
Finiremo tutti così, ad inseguire il nostro cane, cellulare in mano, catturandone l’immagine iper-stabile da pubblicare sul nostro profilo di Twitter o Facebook? Forse. Oppure un giorno, polli robot lo faranno senza il nostro aiuto, liberandoci dalla fatica di muovere le gambe. Però ricordiamoci di questa cosa: nella remota epoca del Triassico, gallinacei giganti dominavano la prateria divorando, spietatamente, prede meno rapide di loro. Fino all’esaurimento della batteria.